Eike D. Schmidt e la mostra su Ejzenštejn: gli omaggi del regista sovietico al Rinascimento
di Stefano Bucci
Uffizi & cinema: la prima volta (o meglio la prima mostra) nata da un connubio inaspettato ma non troppo è nel segno di Sergej M. Ejzenštejn, autore di capolavori come Sciopero , La c orazzata Potëmkin , Aleksandr Nevskij . Al regista russo è infatti dedicata la mostra Ejzenštejn. La rivoluzione delle immagin i in programma fino al 7 gennaio tra le sale del Levante e la Galleria delle Statue e delle Pitture della galleria fiorentina.
«Questa estate avevamo già sperimentato con successo le proiezioni di grandi film nel cortile del museo, dove peraltro c’era sempre stato un Teatrino mediceo, progettato da Buontalenti, e dove lo spettacolo è sempre stato di casa», dice il direttore Eike D. Schmidt. Ma non sarà sicuramente questa l’ultima esposizione dedicata alla Settima Arte, almeno per il responsabile del «primo museo d’Italia» (definizione dello stesso Schmidt) che preannuncia già «un’altra rassegna su Andrei Tarkovsky, anche lui russo» e in vita molto vicino alla Toscana e a Firenze. Il direttore avvisa però che «agli Uffizi non ci dedicheremo solo al cinema sovietico». Tutto questo nei due anni di mandato che ancora restano allo storico dell’arte tedesco insediatosi nel 2015 («Qualcuno ha preso male l’annuncio che tra due anni andrò a dirigere il Kunsthistorisches Museum di Vienna e francamente non capisco perché, in due anni si possono lanciare ancora tanti bellissimi progetti», commenta).
Mostre, appunto. Come quella su Ejzenštejn. O come l’altra, su Leopoldo de’ Medici, principe dei collezionisti , che si apre oggi a Palazzo Pitti (fino al 28 gennaio) o, ancora, come I volti della Riforma. Lutero e Cranach (fino all’8 gennaio) che si concentra sui ritratti di Cranach il Vecchio pittore ufficiale della Riforma, ritratti che Cosimo I avrebbe poi raccolto con passione.
Lutero e Lenin, la Riforma di Cranach e la Rivoluzione di Ejzenštejn: sono alcuni dei binomi inusuali a cui Schmidt sembra aver voluto affidare il compito di «svecchiare il museo». In che modo? «Cercando nuove strade, non a senso unico». Così durante il viaggio in Russia per la mostra di Raffaello al Puškin (a cui Firenze aveva prestato l’ Autoritratto , i ritratti di Maddalena Strozzi e Agnolo Doni e la Madonna del Granduca ) Schmidt ha pensato «a una mostra non più di icone e nemmeno di impressionisti, ma a qualcosa di diverso». Ecco dunque la riflessione intorno al regista, teorico e disegnatore (1898-1948) che secondo il direttore degli Uffizi «ha rappresentato per il mondo delle immagini quello che la rivolta del 1917 è stato per gli assetti sociali, politici ed economici della Russia».
Il talento (e l’ispirazione) del cineasta hanno trovato uno speciale filo conduttore appunto nel continuo riferimento all’arte italiana del tardo Medioevo e dei secoli successivi che caratterizza Ejzenštejn: «Nella biblioteca della sua casa, in un edificio in stile staliniano oggi aperto al pubblico, ci sono — avverte Schmidt — tanti libri sul Rinascimento e Leonardo».
La mostra curata dal direttore con Marzia Faietti e Pierluca Nardoni (catalogo Giunti) propone 72 disegni provenienti dall’Archivio Statale di Letteratura e Arte di Mosca, realizzati fra i primi anni Trenta e il 1948: lo stesso regista li considerava una sorta di trascrizione automatica dei pensieri, «proprio come per Leonardo». Disegni di «una linearità sintetica che rimanda al Tre- e al Quattrocento». Ma che guardano oltre: al neoclassicismo, ai bassorilievi precolombiani visti in Messico negli stessi anni di Trotsky («Un modo per ricordare quanto vitale fosse l’arte messicana di quel momento, basterebbe pensare ai murales»), ai nudi femminili di Cézanne, alla Danse di Matisse.
Agli Uffizi sfilano le sequenze dei film di Ejzenštejn: «Le sale della mostra sono contigue, in modo che il percorso non subisca interruzioni e abbiamo scelto di proiettare le immagini nella loro dimensione naturale, non su schermi piccoli». Mentre sullo sfondo Firenze celebra in parallelo il confronto tra Rinascimento e rivolta con una vera e propria Settimana della Rivoluzione (fino al 10 novembre 2017) che termina oggi con un convegno internazionale promosso dal Kunsthistorisches Institut con il Max Planck Institut, titolo: T he future is our only goal. Revolutions of Time, Space and Image. Russia 1917 – 1937 .
Si racconta che Sergej Ejzenštejn si rammaricasse spesso di non aver mai potuto mettere piede agli Uffizi. Questa mostra rappresenta così «l’occasione per riparare a un piccolo torto della Storia», utilizzando anche immagini ironiche e quotidiane dell’uomo Ejzenštejn «colte da una serie di video d’archivio scelti e assemblati per l’esposizione». Un’occasione per sperimentare fisicamente quanto il regista russo sia stato ispirato dall’arte del Rinascimento, anche per quel che riguarda il montaggio. E mentre le proiezioni mescolano dettagli e scene di Sciopero , della Corazzata Potëmkin e di Aleksandr Nevskij con alcuni particolari dell’ Adorazione dei Magi e dell’ Ultima Cena di Leonardo da Vinci e della Battaglia di San Romano di Paolo Uccello, si ritrovano assonanze affascinanti: «Per Nevskij il modello è Paolo Uccello, ma il più cinematografico di tutti, anche per Ejzenštejn, resta Giotto che raccontava le sue storie come fossero sequenze di un film ».