Parte la corsa al bancomat Mosca resta senza contanti

di Rosalba Castelletti
MOSCA — Quando ha visto crollare il rublo, il trentaduenne Nikolaj Konayev si è precipitato nel centro di Mosca presso la sua filiale di Vtb, la seconda banca russa dopo Sberbank, entrambe sanzionate dall’Occidente dopo l’invasione russa dell’Ucraina. «Voglio fare scorta di rubli, prima che si svaluti troppo», dice quest’autista della metropolitana di Mosca che però, nonostante i contraccolpi economici, non si dice affatto preoccupato e conferma il suo sostegno a Vladimir Putin. «Macché guerra! Si tratta solo di un’operazione militare per disarmare il blocco occidentale. Possono pure chiudere le banche. La qualità della mia vita migliorerà. Stiamo recuperando la nostra sovranità». Dietro di lui, la 68enne Irina Golikova si guarda intorno interrogativa: «Sono qui a ritirare la pensione. Sanzioni? Di che cosa parlate?». La valuta russa ha infranto i minimi storici arrivando a toccare quota 106 contro il dollaro e a superare i 110 contro l’euro. Eppure, tranne in rari casi, davanti alle filiali moscovite non si registrano code eccessive e i russi interpellati sembrano inconsapevoli della mannaia che si sta per abbattersi sui loro portafogli. «Siamo sotto sanzioni da otto anni. Le nuove misure non ci colgono di sorpresa. E non mi preoccupano affatto», minimizza Alina, 18 anni, dopo aver effettuato un’operazione di routine presso la sua filiale di Sberbank, ignara che la sua banca, la più grande in Russia, abbia perso oltre il 60% sul mercato di Londra. Davanti ad Alpha Bank, ci sono “babushke” in coda per la pensione. Solo il quarantenne Andrej se ne va via sbuffando dopo aver tentato inutilmente di ritirare valuta straniera: «È già la terza filiale in cui provo».
È agli sportelli degli istituti stranieri che si avverte reale nervosismo. Quando arriva il suo turno a UniCredit Bank Russia, sussidiaria dell’omonima italiana, Artiom Jacovlev tira fuori dalla tasca quattro bancomat diversi con i rispettivi Pin scritti su un pezzetto di carta. «Non appena ho saputo delle sanzioni, ho racimolato tutte le carte in famiglia e sono corso in banca. Ricordo ancora che cosa accadde negli anni Novanta. Non voglio farmi trovare impreparato ». Fa incetta di dollari ed euro, ma al terzo tentativo di prelievo nell’Atm non ce n’è più. Solo rubli. «Tra qualche giorno un rotolo di carta igienica varrà di più», sospira un uomo in fila che ci dice solo di essere «straniero» prima di andare in cerca di un’altra filiale. Nella succursale dell’austriaca Raiffeisen Bank va ancora peggio. Tutti i bancomat sono fuori uso. Un cartello avvisa: “Abbiamo temporaneamente esaurito rubli/dollari/euro/contanti. Puoi ordinarli in cassa”.
Per correre ai ripari, la Banca centrale russa ha deciso di raddoppiare il tasso d’interesse portandolo al 20 per cento nel tentativo di «compensare i cittadini per l’aumento dei rischi inflazionistici», dice la governatrice Elvira Nabiullina. Ma quando nel pomeriggio partecipa alla riunione di governo presieduta da Vladimir Putin, nelle immagini trasmesse in tv, sta a capo chino, visibilmente pensierosa. «Le condizioni per l’economia russa sono cambiate drammaticamente », limitando «le opzioni per la Banca centrale di usare le sue riserve di oro e valuta straniera », ammette in conferenza stampa, annunciando che la Borsa rimarrà chiusa anche oggi e obbligando gli esportatori a cambiare subito in rubli almeno l’80% dei loro introiti esteri. Ma non basta a rasserenare gli oligarchi già colpiti dalle sanzioni. «C’è una vera crisi e abbiamo bisogno di veri gestori di crisi. È assolutamente necessario cambiare politica economica e porre fine a tutto questo capitalismo di Stato», scrive su Telegram Oleg Deripaska, fondatore del colosso dell’alluminio Rusal che domenica aveva già invocato la pace. Al suo appello, si accoda pure Oleg Tinkov, fondatore di Tinkoff Bank: «Siamo contro questa guerra », scrive, prendendosela tuttavia con gli Stati Uniti che «dovrebbero spendere soldi per curare le persone ». Ma smarcarsi dall’invasione non serve a schivarne i contraccolpi. Il primo ad aver condannato la guerra, il miliardario Mikhail Fridman, ieri è finito insieme al portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov, all’ad di Rosneft Igor Sechin, ad Alisher Usmanov e ad altri 22 oligarchi russi, nella nuova lista nera della Ue. La tv di Stato invita a tenere duro. «So che per alcuni di voi è difficile », ha detto domenica sera Vladimir Soloviov, il megafono del Cremlino in tv, già sanzionato. «Supereremo tutto. Ricostruiremo la nostra economia da zero. Faremo affidamento su noi stessi».
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