Non è tanto difficile immaginare l’hardboiled trapiantato nella Germania nazista. Originale, ma non stravagante. Con tanto di citazione da parte di uno dei numeri due del regime nazista, Göring: “Ho sempre voluto conoscere un vero investigatore privato, disse. Mi dica ha mai letto i romanzi di Dashiell Hammett? È americano, ma secondo me è eccezionale”. L’interlocutore del gerarca di Hitler è Bernhard Gunther detto Bernie, ex poliziotto. Siamo nella Berlino del 1936, l’anno delle Olimpiadi, e Gunther indaga su un duplice omicidio: la figlia di un magnate teutonico dell’acciaio uccisa insieme al marito. La loro casa è stata incendiata e i corpi bruciati.

Ovviamente il detective è un irregolare cinico di cuore, un tipo solitario rimasto vedovo e che cede facilmente al fascino femminile. Il magnate, di nome Six, lo assolda per recuperare dei gioielli che erano nella cassaforte della coppia. Ben presto però Bernie scopre che l’affare è di vasta portata e investe la lotta al vertice del regime tra Goring e Himmler. Una storia piena di cadaveri, che evidenzia pure l’elevato tasso di corruzione del regime tedesco: “Il governo ha rivelato parecchi casi di corruzione in cui erano coinvolti vari partiti politici della Repubblica di Weimar, ma non erano niente a confronto di quel che succede ora. Agli alti livelli la corruzione prospera, e lo sanno tutti”. Gunther è antinazista e i suoi casi di solito sono la ricerca di ebrei scomparsi. Violette di marzo, cioè gli affiliati nazionalsocialisti dell’ultimo momento, è ormai un classico del genere (uscito nel 1989) e torna in libreria per Fazi . È il primo volume della trilogia berlinese di Bernie Gunther scritta da Philip Kerr, scomparso un anno fa.

Violette di marzo

Philip Kerr