«Siamo proprio sicuri che museificare anche le periferie sia la soluzione?».
Sergio Risaliti è scettico sulla proposta, avanzata dal soprintendente Pessina, di un nuovo polo museale per dirottare i flussi turistici fuori dal centro. «I mesi di quarantena – commenta il direttore del museo Novecento – ci hanno trasformato in genitori che si sono ricordati di avere dei figli. Abbiamo cioè riscoperto i nostri cittadini, e una città che ha tutte le carte in regola, se sapremo uscire da questa recessione, per diventare bella, godibile e ricca di esperienze straordinarie da cogliere». Ecco allora perché, più che degli “Uffizi 2”, a Firenze serve un «ribaltamento di prospettiva»: «Spero – osserva il critico d’arte – che questi mesi ci riportino all’origine della funzione museale. Che, per me, deve avere come primi destinatari i bambini, i ragazzi, le famiglie, le persone in difficoltà: gli ultimi della nostra società, nei confronti dei quali i musei hanno l’obbligo di rendere godibile e fruibile la bellezza. Se riportiamo i cittadini alla scoperta dei musei, in particolare di quelli piccoli, i turisti stessi scopriranno una Firenze creativa e più attrattiva, lontana dai soliti circuiti». Per Risaliti, insomma, non c’è bisogno di costruire dal nuovo ciò che già esiste: «La nostra città è già un museo diffuso che non è fatto solo di icone rinascimentali, ma di una varietà di luoghi e opere, di piccole chiese, oratori, chiostri che vivono di un rapporto identitario con le periferie che li ospitano, come ben ha sottolineato Antonio Natali nelle mostre organizzate quando era alla direzione degli Uffizi. Portiamo i visitatori stranieri a conoscere questi luoghi, prima di aggiungerne altri». g.r.