Il futuro è una Siena à la carte?

di Roberto Barzanti

 

Un’occasione sprecata. L’adozione del Piano operativo che individua gli interventi edilizi e infrastrutturali dei prossimi cinque anni è stato adottato, ma il sindaco di Siena Luigi De Mossi non ha aperto bocca. E la maggioranza ha manifestato scricchioli non casuali. Declassamento di un affare così importante a pratica da chiudere sbrigativamente? È toccato all’assessore Francesco Michelotti condurre le danze. Il cammino che il procedimento ha percorso non è stato dei più agili: avviato dalla giunta precedente nel 2017, integrato nel 2019 dalle critiche riflessioni della nuova amministrazione, il Piano avrebbe dovuto prefiggersi di proiettare nell’immediato futuro gli effetti discendenti da un organico Piano strutturale. L’inversione logica lo ha penalizzato. È un Piano chiuso entro la nuova perimetrazione del territorio urbanizzato, quando è solo ripensando Siena quale area urbana integrata in un più vasto ambiente – la Grande Siena – sarà possibile puntare sulle innovazioni necessarie. C’è da augurarsi che il confronto di qui all’approvazione non si riduca alla burocratica raccolta di osservazioni particolaristiche. Le divaricazioni sono apparse consistenti. Non si dà alcuna riposta a interrogativi cruciali. Si afferma di valorizzare il centro antico, ma in realtà si dà via libera a nuove destinazioni che privilegino il terziario e smodatamente gli scopi  commerciali. Il recupero a fini residenziali resta esiguo e legato a un stillicidio di lambiccati accorgimenti. È vano ripetere come una giaculatoria che una delle priorità decisive di Siena è far leva sul patrimonio artistico e sulla produttività culturale e non esplicitare anche con «specifica normativa» la definizione di spazi pubblici che inneschino una nuova stagione. La riconversione dell’ospedale Santa Maria della Scala va collegata a infrastrutture e tecnologie che attualizzino un incompiuta prospettiva. E il destino di “fabbriche”come la ex-caserma Santa Chiara o di Palazzi vuoti è ignorato. Si ammettono suddivisioni per appartamenti non inferiori a 60 mq. Ma per chi? E l’edificazione annunciata di nuove abitazioni (circa 400) deriva da una qualche indagine sociologica? L’invenduto è enorme. La cinturazione a ridosso di Siena potrà ospitare altri megacentri commerciali, che penalizzeranno proprio la vitalità dell’intraprendenza dell’artigianato e dell’agroalimentare. L’uso del suolo è eccessivo. Non tutto, certo, è da buttar via. Il Piano registra l’ampliamento del Policlinico, che, insieme ai due studentati immaginati nei pressi della stazione, potenzia la vocazione biomedicale. Si esclude l’idea balorda, talvolta rilanciata, del campus. Nell’insieme emerge una frenesia edificatoria spesso di piccolo cabotaggio, appetitosa per disinvolti faccendieri. Quanto al Piano urbano della mobilità sostenibile compila un abbondante menu. Chi si azzarderà a costruire una galleria sotterranea dai costi elevatissimi che faccia guadagnare qualche minuto per raggiungere uno dei pochi treni utili? Sono enumerate rotatorie da far girar la testa, e parcheggi in ogni dove. Il Piano è pretenzioso per dirsi transitorio, anacronistico (Piccini), grossolanamente incrementativo (Masi,Pd). Abbozza una Siena à la carte propensa più che altro al consumo turistico. Rischia di indebolire i tratti dominanti di un organismo che respira in un paesaggio che unisce salubre rarefazione e rara attrattività.

 

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