Renzi, l’addio al Pd Ma dai suoi tanti no anche in Toscana

di Franco Camarlinghi

 

I renziani toscani non seguono Renzi e restano nel Pd. Quasi tutti. Dal Consiglio regionale ai sindaci di Prato e Firenze, nessun eletto farà gruppi autonomi come invece farà l’ex premier in Parlamento. Matteo Renzi è stato decisivo per la soluzione della crisi politica aperta dal suo omonimo della Lega. Ora pare certo, e l’annuncio arriverebbe oggi stesso, che voglia diventare altrettanto decisivo nel determinare una nuova geografia parlamentare, costituendo propri gruppi autonomi, distinti dal Pd. Una scissione, dunque, anche se limitata per ora alle due Camere, senza effetti sulle assemblee elettive periferiche; una scissione di cui allo stato dell’arte è comunque difficile capire i riferimenti culturali e ideali, al contrario delle scissioni conosciute in passato dalla sinistra italiana, che non hanno mai portato a risultati positivi, ma sempre sono nate sulla base di grandi motivazioni. Appare certo che Renzi non ha alcun interesse a far cadere il governo, almeno per un bel po’, per il semplice fatto che ciò porterebbe a inevitabili elezioni, per le quali non sarebbe pronto. Serve tempo per realizzare un’iniziativa del tutto nuova, sia per organizzarla adeguatamente sia per far passare un messaggio convincente per gli elettori. Ma questo messaggio quale sarà? Il probabile ritorno di D’Alema e Bersani nel Pd non sembra una giustificazione sufficiente: è vero che il partito di Zingaretti rischia uno spostamento verso una sinistra incline ad assorbire il populismo senza capo né coda dei seguaci di Grillo, ma il rientro degli scissionisti di Leu non sarebbe destinato ad incidere più di tanto nei contorti equilibri attuali del Pd. Una risposta a tali osservazioni può essere data, provvisoriamente, soltanto dalla convinzione di Renzi che il suo spazio all’interno del Pd sia destinato a restringersi drasticamente. Per questo l’ex premier, di cui nessuno può mettere in dubbio le qualità tattiche (a differenza di quelle strategiche che, anche nel caso attuale, rimangono in ombra), può ritenere che la semi-scissione gli permetta di restare determinante per un lungo periodo in Parlamento, perlomeno fino all’elezione del prossimo Presidente della Repubblica. Intanto si vedrà quello che succede e come possa essere possibile allargare un’area di centro che al tempo opportuno, con una legge elettorale puramente proporzionale, consentirebbe a Renzi di riacquistare un ruolo comunque decisivo. Il ruolo di leader di un’alleanza competitiva con un Pd tornato ad essere un partito chiaramente di sinistra, influenzato da un’associazione stabile con una parte del M5s. Supposizioni, con una certezza: la formazione di nuovi partiti oggi sembra avvenire solo per trovare spazio a leadership personali. Al resto, e cioè al confronto politico e culturale, ci penserà Facebook.

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