Reale e virtuale, a Siena

Il festival della fotografia Il direttore Luca Venturi racconta le mostre: opere da tutto il mondo dal 24 ottobre. E il focus sulla pandemia diventa multimediale

 

Tel Aviv, 19 aprile 2020: migliaia di israeliani a Rabin Square manifestano contro il governo di Netanyahu, mantenendo rigorose distanze di sicurezza. Visti dall’alto sembrano una filiforme scacchiera umana, una ragnatela illuminata in tralice dai lampioni e dalle luci dei telefonini accesi in segno di protesta. Con questa immagine, catturata con il drone e intitolata Black Flag , il fotografo israeliano Tomer Appelbaum si è aggiudicato il primo premio nella categoria «Empty Cities: life under Covid-19», una delle dieci dello speciale concorso dedicato alla fotografia aerea con i droni nato in seno al Siena International Photo Award.

Non poteva mancare, d’altronde, in questa sesta edizione del festival uno sguardo particolare sulla pandemia che, però, non si osserva solo dall’alto. Il clou sta infatti in Non potevamo immaginare l’inimmaginabile , progetto che – spiega Luca Venturi, fondatore e direttore artistico del Siena Award – «parte da una mostra reale per diventare viaggio virtuale, trasformando l’evento da fotografico in multimediale». Già allestiti in centro, infatti, ci sono grandi pannelli con uomini e donne fotografati in contesti ed epoche diverse: un QR Code sulla bocca, come fosse una mascherina, associa ad ogni «personaggio» uno dei 25 video inediti girati in tutto il mondo durante il lockdown. «La mostra itinerante è il vero elemento innovativo di questa edizione – prosegue Venturi – e nasce dalla voglia di portare la bellezza in un momento che tutto è tranne che bello. Il lockdown è stato, in un certo senso, la rivincita del drone e queste immagini inedite ci danno l’occasione di vedere il mondo come non lo abbiamo mai visto, nemmeno in tv». Perché il Siena International Photo Award non si è fatto fermare dalla pandemia e, anzi, è perfino cresciuto, ad esempio aggiungendo una nuova location fuori città: i locali dell’ex Tinaia, a Sovicille, ospiteranno la personale del fotografo sudafricano pluripremiato Brent Stirton. «Ha vinto 13 volte il World Press Photo e noi raccontiamo 13 storie che ha realizzato per il National Geographi c: sarà un evento unico, ci dispiace solo che lui sia a New York e non qui» anticipa Venturi.

Che, con l’entusiasmo che lo caratterizza, continua a immaginare il futuro. «Abbiamo sempre voluto che il festival fosse un motore per Siena — spiega — e scegliere di andare a Sovicille dimostra che possiamo lavorare insieme per mostrare un territorio che ha tutte le carte in regola. Uscire dalla città permette di allungare la permanenza dei visitatori, regalando esperienze diverse: è una scommessa, ma si può vincere».

Oltre alla monografica di Stirton e al viaggio multimediale, dal 24 ottobre al 29 novembre ci saranno tante altre mostre da ammirare. «Il cuore del festival — racconta il fondatore — sarà come sempre nell’ex distilleria dello Stellino, alle porte della città, con l’esposizione che raccoglie gli oltre 100 scatti più suggestivi del concorso, affiancata dalla personale di Carolina Rapezzi intitolata Burning Dreams e dedicata a una delle discariche di rifiuti elettronici a cielo aperto più grandi del mondo, in Ghana. Nel chiostro di San Domenico ci saranno, invece, la mostra di Kiran Ridley sulle proteste dei manifestanti a Hong Kong e il reportage di Alain Schroeder sugli orangotanghi, realizzato in Indonesia». Il fotografo cileno Pedro Jarque Krebs sarà, infine, in via Camollia con il suo lavoro che mostra la condizione di abuso e prigionia subita dagli scimpanzé nei circhi, mentre all’Accademia dei Fisiocritici saranno allestiti i migliori scatti del Drone Photo Award, compresa la meravigliosa balena grigia immortalata dal messicano Joseph Cheires che si è aggiudicato la sezione «Nature» del concorso. Tutte le mostre avranno accessi contingentati, meglio se su prenotazione ma a bene vedere è l’unica limitazione, eccezion fatta per il galà di premiazione che dovrà rinunciare al teatro per svolgersi on line. «Molti festival si sono fermati, ma noi abbiamo deciso di andare avanti – chiude Venturi – e, anche se l’afflusso di visitatori non dovesse essere imponente, è comunque un segnale che vogliamo dare alla città, condividendo un sentimento di positività, idealismo, voglia di fare qualcosa per il territorio e, al contempo, vivere una comunità internazionale. D’altronde, il nostro motto è sempre stato sognare in grande e tenere alta l’immaginazione: ma dopo le parole ci devono essere i fatti».

 

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