Siena, indagate dieci ragazze tra i 14 e i 15 anni. I video delle aggressioni condivisi sui social network
Simone Innocenti
Siena Prima le individuavano nelle scuole che frequentano anche loro. A questo punto ne parlavano nella loro chat riservata dove si dicevano che quella «se la tira troppo: è antipatica». Poi passavano agli insulti sui social. Infine le attiravano con minacce o inganni in luoghi appartati di Siena, dove le picchiavano mentre venivano filmate col telefono da una o più componenti del gruppo. Come se non bastasse le immagini erano condivise nella chat WhatsApp denominata «baby gang» e in altri social network. Proprio per questo motivo 10 studentesse senesi, tra i 14 e i 15 anni, sono state perquisite dalla squadra mobile della città del Palio nell’ambito di un’inchiesta della Procura dei Minori coordinata dal procuratore Antonio Sangermano e dal sostituto Filippo Focardi. La magistratura ipotizza, a vario titolo, i reati di atti persecutori, anche di sfondo razziale minacce, lesioni e divulgazione di video con immagini di minorenni.
Le aggressioni, almeno una decina, sono state compiute tra il 27 giugno 2020 e il 19 febbraio 2022. Identico il modus operandi: le giovani vittime venivano affrontate dalla leader della baby gang femminile — una studentessa di 15 anni — spalleggiata e coadiuvata dalle altre, che le riprendevano mentre subivano le loro vessazioni, per poi divulgare le immagini o i video sui social in modo da incrementare la reputazione del gruppo. I luoghi prescelti erano quasi tutti nel centro di Siena oltre a un’area industriale dismessa di Taverne d’Arbia, frazione a pochi chilometri dal centro. Le ragazzine operavano in via della Vecchia, in un’area sotto la Fortezza Medicea da loro chiamata «Ring», addirittura in vicoli del centro, nel sottopassaggio degli autobus in piazza Gramsci e alla Galleria Metropolitan in piazza Matteotti. Le indagini sono state condotte dagli investigatori della squadra mobile e sono iniziate alla fine di dicembre 2021, dopo la denuncia, presentata da una delle vittime, per le aggressioni subite nell’aprile e nell’ottobre 2021.
I successivi approfondimenti, svolti documentando quanto riferito da vittime e da testimoni, e monitorando i social web network, hanno consentito di ottenere elementi per l’identificazione delle appartenenti alla baby gang, che risulta tutto femminile. Agli atti ci sono alcuni episodi del luglio del 2020, quando ancora tra le indagate c’era chi aveva appena 13 anni. La baby gang rosa conosceva le vittime, dato che risultano frequentare due istituti superiori di Siena. La polizia sta cercando di capire che cosa abbia spinto le ragazze a organizzarsi in un gruppo per picchiare le loro coetanee.
Gli investigatori non sono infatti riusciti a trovare neppure un movente: se le indagate fossero maggiorenni, sarebbe dunque scattata l’aggravante delle aggressioni per futili motivi. Saranno dunque eventualmente le stesse studentesse a spiegare alla magistratura che cosa le abbia spinte ala violenza verbale e fisica. La prossima settimana, infatti, il sostituto procuratore Filippo Focardi ha convocato sette indagati per gli interrogatori: si parlerà anche di questo.
È emerso che — tranne un caso, risultato essere in carico ai servizi sociali — le ragazze sono di famiglia apparentemente senza criticità. Nei video — finiti agli atti — alcune di loro sono riprese mentre picchiano senza pietà le loro coetanee. Anche di fronte ad alcuni ragazzi, che nelle prossime ore saranno identificati. La polizia ritiene di aver individuato quasi tutte le ragazze che facevano parte della baby-gang ma il sospetto è che in questa storia ci siano più di 10 minorenni. Chi voleva uscire da questo giro di amicizie pericolose è stata sua volta poi presa di mira. Prima con insulti e poi con violenze fisiche.
«Brutalità vissute come se fosse uno spettacolo»
Aldo Tani
Siena «C’era la volontà di ridurre l’altra persona all’impotenza e rendere visibile questi forma di supremazia». Difficile pensare che le protagoniste di questa vicenda siano ragazze tra i 14 e i 15 anni. Studentesse fino all’ora di pranzo e poi rappresentanti di una baby gang, capace di terrorizzare per quasi due anni le coetanee. Con metodi brutali, come ha evidenziato il questore di Siena, Pietro Milone: «Quello che colpisce è la violenza con la quale queste ragazze agiscono. Il silenzio che si crea attorno. Infine la spettacolarizzazione per prendere i like. A Siena come da altre parti d’Italia». Il dato che preoccupa di più sono le finalità che le responsabili di queste aggressioni perseguivano. «agivano con il solo scopo di assoggettare le vittime. Chi si ribellava veniva punito. Solo per il fatto di aver sfidato la gang». Al punto che per gli inquirenti non è stato semplice scardinare certi meccanismi. «Alcune delle vittime hanno detto basta e questo ha creato delle piccole crepe nel clima di omertà che c’era tra i ragazzi — sottolinea Milone — è un fenomeno preoccupante. Soprattutto se relazionato al fatto che poi tutto veniva postato in rete per ostentare questo potere». Tra chi ha osato sfidare la banda, ci sono anche alcune giovani che ne avevano fatto parte. «Questi comportamenti per alcune di loro non sono diventati più condivisibili e così si sono ribellate, subendone a loro volta le conseguenze». Per altro, i luoghi scelti per le violenze contemplavano anche vie centrali della città, come il sottopassaggio di piazza Gramsci o la zona del cinema Metropolitan. «Purtroppo non ci sono arrivate segnalazioni — conclude il questore — anche perché spesso si trattava di azioni rapide. Giusto qualche minuto prima di dileguarsi». Dalla vita reale ma non dai social, dove l’esaltazione delle angherie raggiungeva l’apice.
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