«Quei dipinti non sono patrimonio di Siena»

Le sfide della cultura «Quei dipinti non sono patrimonio di Siena» Le opere di Daniele da Volterra cedute agli Uffizi.
Lo storico Alessandro Bagnoli: «Solo un legame occasionale per un dono di matrimonio»

SIENA «Ma quali appelli di intellettuali, i dipinti di Daniele da Volterra ceduti dalla famiglia Pannocchieschi d’Elci agli Uffizi non hanno alcun legame con Siena, se non quello occasionale di un matrimonio di fine Ottocento». Alessandro Bagnoli, storico dell’arte, fino al 2018 è stato il funzionario addetto alla gestione dei vincoli delle opere d’arte della soprintendenza senese. Conosce il patrimonio artistico della nostra città palmo a palmo e ha seguito direttamente la trattativa che ha condotto i due preziosi dipinti a Firenze. «I beni erano stati correttamente vincolati nel 1979 ricorda ma potevano essere venduti sul territorio italiano anche separatamente. Invece, grazie a un’operazione diplomatica cui i proprietari hanno aderito, è stato ottenuto di farli restare insieme». Ma la cessione delle opere, realizzate da Daniele da Volterra intorno alla metà del ‘500, nel periodo di profondo legame con Michelangelo, ha scatenato la protesta di 46 intellettuali, tramite un appello, e ora la mobilitazione del sindaco Luigi De Mossi, che incontrerà il direttore degli Uffizi Schmidt. Sul tavolo, l’ipotesi di una dislocazione dei dipinti alla Pinacoteca di Siena. Ma per Bagnoli il tema della «restituzione» non esiste: «Nessuno può pensare che si tratti di beni sottratti al patrimonio senese afferma perché sono stati realizzati a Roma da un pittore di Volterra che da giovane passò qualche tempo nella nostra città, e qui approdati solo per un matrimonio tra un suo discendente e una Pannocchieschi d’Elci. Sono stati fin qui chiusi in una residenza privata, anche se i proprietari li hanno concessi in almeno tre occasioni per mostre a Firenze e Roma. Perciò l’appello è ingiustificato dal punta di vista culturale e storico». Ma gli Uffizi sono una destinazione auspicabile? «Certo, per più motivi. Intanto perché saranno finalmente visibili a tutti nel più grande museo italiano, dove saranno affiancati a un’altra importante opera del pittore. E poi perché l’operazione economicamente rilevante non sarebbe stata altrimenti possibile: i 750mila euro per l’Elia sono stati interamente pagati con la bigliettazione degli Uffizi, 1.995.000 euro per la Madonna per metà con i biglietti e il resto con un contributo del ministero». Semmai al direttore Schmidt, osserva Bagnoli, andrebbe chiesto altro: «Nel 1913 l’istituto d’arte concesse in deposito agli Uffizi due splendidi dipinti di Andorfer. Fanno parte a pieno titolo della collezione Spannocchi e dovrebbero tornare qui». E più in generale, aggiunge: «Si parla poi della Pinacoteca… Ecco, Siena dovrebbe puntare seriamente a riprendere in mano quel progetto fantastico voluto da Cesare Brandi, Giovanni Previtali e altri studiosi per trasferire la pinacoteca al Santa Maria della Scala. Sarebbe un grande risultato per la pinacoteca, che ora langue in spazi inadeguati, e per il Santa Maria, che resta un contenitore in gran parte vuoto».

Orlando Pacchiani

 

 

https://www.lanazione.it › siena