L’inchiesta per bancarotta. Condannato solo il finanziere ed ex consigliere Alberto Rigotti
gianluca paolucci
Un caso di cattiva gestione, neppure tra i peggiori della tribolata storia bancaria recente del Paese. È quello che resta – per ora – dopo che il tribunale di Arezzo ha assolto in primo grado 23 persone tra ex consiglieri e manager di Banca Etruria accusati di bancarotta semplice o fraudolenta a seconda delle rispettive posizioni processuali. Un solo condannato, il finanziere ed ex consigliere Alberto Rigotti. Tra gli assolti, Lorenzo Rosi, l’ultimo presidente prima del dissesto dell’istituto e dell’intervento pubblico che azzerato azionisti e titolari di bond subordinati, creando così il più grave scandalo che ha colpito il risparmio degli italiani. Grave non tanto per l’entità del danno (circa 650 milioni i bond azzerati), né per il numero di persone coinvolte (alcune migliaia). Quanto perché per la prima volta nella storia italiana del dopoguerra dei risparmiatori hanno perso soldi a fronte di una decisione del governo.
Nel 2019, in un altro troncone dell’inchiesta, il gup aveva condannato con rito abbreviato, a 5 anni l’ex presidente Giuseppe Fornasari e l’ex direttore generale Luca Bronchi, a due anni e 6 mesi l’ex vicepresidente Alfredo Berni e un anno e 6 mesi l’ex consigliere Rossano Soldini.
Le ripercussioni del caso Etruria hanno per questo travalicato i confini della finanza per esondare come un fiume che rompe gli argini nei territori della politica e della società. Perché l’esecutivo che ha deciso l’azzeramento dei titoli Etruria era guidato da Matteo Renzi e aveva tra i ministri Maria Elena Boschi, il cui padre è stato consigliere e vicepresidente dell’istituto aretino. Tra i tanti aspetti del caso Etruria, il meno indagato anche mediaticamente resta quello più clamoroso: alcune delle obbligazioni vendute “allo sportello”, ovvero ai piccoli risparmiatori-clienti della banca, avevano rendimenti pari al Btp di pari durata. Nessuno ha ancora fatto chiarezza sulle responsabilità di questo punto. In attesa di conoscere le motivazioni – e gli ulteriori gradi di giudizio – c’è da registrare la reazione delle parti civili: «Ci sono persone che sono andate in dialisi, che hanno avuto infarti e ora si ritrovano con questa sentenza – ha detto l’avvocato Riziero Angeletti – Lo Stato resta latitante, le persone continuano a soffrire. Valuteremo per l’appello».