Avrei potuto scriverlo io quello che racconta l’autore. Sono i sentimenti che provo ancora oggi nel mio essere cittadino di Siena nonostante tutto.
“Sono cresciuto (politicamente n.d.r) a Siena, dove la parcellizzazione del potere è forte e quasi ineludibile. La banca, le contrade, i partiti, le associazioni danno al senese sicurezza e spirito di appartenenza, un’importante protezione che, se mal interpretata, può innescare un circolo vizioso assai condizionante dal quale è difficile staccarsi.
Avevo intuito quanto fosse complicato esprimere la propria individualità in questo sistema. Una problematica all’ordine del giorno tra le persone che frequentavo, mi stavo rendendo conto che per loro parlarne fosse il limite massimo a cui spingersi.
Tanti accadimenti, un unico filo conduttore: la necessità di sentirmi libero di (proporre n.d.r.) fare nuove esperienze.
Per assecondare il desiderio di sentirsi libero dai condizionamenti era necessario separarsi dagli ambienti ai quali, tradizionalmente, si appartiene. Per me è sempre stato difficoltoso adeguarmi agli abituali formalismi dialettici, alle frasi di circostanza pronunciate spesso con l’unico scopo di essere considerati parte integrante di un gruppo. Il sistema con il quale mi ero sempre confrontato era basato sulla logica aggregante che tende al mantenimento dell’uniformità, nello stesso tempo intuivo che in questo consesso il desiderio di nuove esperienze non condivise era spesso interpretato come una minaccia. Così decisi di staccarmi completamente da questo sistema e di concentrarmi solo sulla realizzazione dei miei progetti. Certamente la protezione, la considerazione e l’approvazione altrui sono gratificanti, ma se devono condizionarti, creare tensioni, confonderti, allora meglio evitare”.