Per i testoni del Comune.

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di Pierluigi Piccini

Allora proviamo ad approfondire la questione relativa alla polita culturale e alla presenza di Opera Laboratori Fiorentini in città. Non me ne vogliate, ma vorrei partire proprio dalle questioni economiche. Sappiamo bene che oggi il potere di acquisto delle famiglie si è considerevolmente ridotto. Le spese vengono calibrate e portare in vacanza una famiglia è sempre più costoso, quindi, bisogna fare attenzione. Ora se il potenziale di spesa viene utilizzato per soddisfare il bisogno di cultura in un museo o in una attività non è detto che tutti i centri culturali presenti su un territorio possono usufruire della stessa attenzione economica. Dove si rivolgeranno, quindi, le famiglie utenti? Andranno verso quei settori e quei luoghi su i quali è stata fatta maggiore pubblicità e dove la comunicazione ha funzionato meglio (TG1 ad esempio). Se, come a Siena, tutti i centri culturali più importanti sono gestiti dal medesimo soggetto sarà proprio l’unico gestore ad indirizzare i flussi di pubblico. A Siena le mete privilegiate sono diventate il Duomo e, ultimamente, piazza Jacopo della Quercia con le proiezioni sul Facciatone. Quindi il budget a disposizione delle famiglie ospiti della città sarà indirizzato la dove è più alta la convenienza economica del gestore. Gestore che, in un regime di monopolio, diventa, nei fatti, l’unica autorità di politica culturale. Una politica culturale che non potrà non essere fatta che per i grandi numeri: ciò che conta è la quantità di biglietti staccati. Grandi numeri che comportano la trasformazione del bene culturale a semplice merce e un peggioramento qualitativo del tessuto urbano a scapito del vivere quotidiano dei residenti. Qualche grido di allarme inizia a farsi sentire in città più grandi di Siena come Firenze, Roma e Venezia. È tanto vero quello che scrivo che Opera, da quello che mi risulta, è decisamente contraria alla possibilità di fare un biglietto unico per l’intera città. Contrarietà che, credo, non è dovuta solo ed esclusivamente dalle difficoltà di mettere in piedi una ipotesi concordata fra i diversi soggetti interessati comunali e statali oltre che privati, ma dal fatto che, tale ipotesi, sottrarrebbe risorse alla fonte principale di reddito: il Duomo (Opera si trattiene la maggioranza degli introiti dei biglietti). I gestori di questa realtà propongono, invece, delle offerte di pacchetti turistici di loro esclusiva competenza. Il biglietto unico sarebbe, viceversa, utile per aumentare la permanenza a Siena e per organizzarci sopra una parte dell’offerta turistica della città. Personalmente avevo provato a suggerire al responsabile di Opera una ipotesi di lavoro a questo riguardo: mettere in piedi una iniziativa che coinvolgesse la Curia e il Comune su una realtà presente a Siena e unica al mondo il credo Niceno e apostolico. Raffigurazioni del Credo sono presenti al museo del Duomo, al Battistero, al Santa Maria della Scala e in Palazzo Comunale. La risposta è stata negativa, probabilmente perché avrebbe dovuto impegnare i soggetti proprietari in un lavoro di coordinamento che poteva rappresentare un precedente non voluto. Ma in tutto questo cosa ci guadagna il Comune? Bella domanda! Il Comune incassa poco, o meno di quello che potrebbe, ma ottiene una stabilità sociale. Per aggiudicarsi i servizi Opera è dovuta entrare sul mercato facendo dei prezzi particolari sugli appalti. Tale politica avrebbe potuto penalizzare la cosiddetta forza lavoro, ma così non è stato perché il surplus economico che si determina dalla gestione della fonte principale permette di compensare i ribassi da appalto sul personale. Apparentemente tutti contenti a partire dal sindacato. Si può fare a questo punto una prima considerazione: non c’è nessun interesse a sviluppare il lavoro la dove i margini di guadagno sono bassi. La presenza in queste realtà è politica e finalizzata a mantenere il monopolio nel settore dei servizi culturali. Come si supera l’impasse? Per prima cosa il Comune dovrebbe riprendersi in mano la gestione della politica culturale che non è fatta solo di mostre e attività varie, ma anche di queste prosaicità. Secondariamente introdurre vera concorrenzialità fra soggetti di primaria importanza capaci di sviluppare ipotesi gestionali alternative. Fare una concessione di dieci mesi in questa situazione, come è avvenuto per l’ultimo appalto al Santa Maria della Scala vuol dire consolidare il monopolio e alimentare le rendite di posizione. Rendite mortali per una economia debolissima come quella senese che è ormai quasi esclusivamente monoreddito. Situazione, quest’ultima, che si è creata proprio grazie alle scelte fatte dall’amministrazione comunale. E poi non credo che dispiacerebbe a Opera misurarsi in campo aperto, su un terreno realmente competitivo, visto che la concessione per la gestione del museo del Duomo è ancora molto lontana dallo scadere.