ROMA – La battaglia diventerà sempre più aspra man mano che ci avvicineremo alle elezioni amministrative di ottobre quando saranno chiamati al voto circa 8 milioni di italiani. Momento cruciale per tutte le forze politiche, perché in quel momento verrà messo nero su bianco il ‘peso’ e quindi la prospettiva elettorale di ogni singolo partito.
Anche il centrodestra ha i suoi guai ma è soprattutto nel campo del centrosinistra che si giocherà la battaglia delle battaglie: domenica prossima alle primarie di Bologna, città dove è nato l’Ulivo di Romano Prodi, che alle elezioni ha battuto Berlusconi, e dove stavolta, invece, il risultato di ottobre oltre ad eleggere il sindaco deciderà le sorti del Pd. Sotto le Due Torri, infatti, si fronteggiano due proposte politiche che stanno incendiando lo scontro tra Dem. Da una parte c’è Matteo Lepore, assessore uscente, il candidato ufficiale Dem sostenuto dal segretario del Pd, Enrico Letta, ben visto da Romano Prodi che apprezzò pubblicamente la sua ‘Fabbrica del programma’, e da quasi tutti i big politici locali e nazionali; dall’altra, Isabella Conti, la candidata di Matteo Renzi, sostenuta non solo da Italia Viva ma pure da pezzi significativi del Pd bolognese e nazionale di Base Riformista.
Con la vittoria di Lepore ci sarebbe il via libera ad un Pd che sta più a sinistra e che per le prossime elezioni politiche punterà all’alleanza strategica col M5S di Giuseppe Conte. Se dovesse passare Isabella Conti, che sta cercando di parlare e coinvolgere in questa battaglia anche l’elettorato di centrodestra, ci sarebbe un immediato contraccolpo nazionale con la messa in discussione dello stesso segretario Letta. A quel punto, anche dentro il Pd, ci sarebbe la ola per la linea filo Renzi, quella che non vuole allearsi coi ‘grillini’, che guarda al centro dello schieramento politico fino a Forza Italia, il riformismo che quando sente parlare di sinistra si sente a disagio.
Anche a livello nazionale infuria la battaglia. Da giorni Goffredo Bettini, dirigente nazionale interpellato e ascoltato non solo in casa Dem ma pure da Giuseppe Conte, spinge per un Pd di sinistra alleato coi ‘grillini’ ed è bersagliato dalle critiche di esponenti di Base Riformista e dai ‘renziani’. Secondo loro l’unità delle forze riformiste e quella della sinistra sono alternative. Per Bettini la questione è fare chiarezza sul termine: “Il Pd nasce per unire i riformisti democratici e progressisti che intendono trasformare i rapporti di forza tra chi opprime e chi è oppresso… Altra cosa sono le manifestazioni di un riformismo esteriore che nasconde dietro la parola ‘riformismo’ il fine di innovare o oliare i vecchi meccanismi imposti dai ceti più forti che da sempre governano l’Italia”. Tradotto: il Pd che verrà, se vorrà avere un futuro e aprirsi alle giovani generazioni e innovare la politica, dovrà rivoluzionare il quadro esistente, non mettersi al servizio dei potenti di turno per mantenere e coltivare nuovi e vecchi privilegi di casta.
Nel M5S, intanto, Giuseppe Conte sta mettendo a punto la sua strategia politica che, per certi aspetti, sembra copiata da quanto fatto da Matteo Renzi quando era lui il premier. “Il M5S avrà bisogno di caratterizzarsi -spiega una fonte qualificata- di smarcarsi e quindi ci faremo sentire anche con Draghi. Nessun timore, non faremo come Renzi che puntava a far cadere il Governo ma daremo battaglia sui nostri temi”. E viene messo in conto anche la competizione con il Pd, perché il M5S, come ha detto Conte, punta ad essere il primo partito anche tra i moderati.