Passa anche il salva-impresentabili caccia aperta all’utilizzatore finale.

CARMELO LOPAPA
ROMA.
Fatta la legge, scatta la caccia all’utilizzatore finale. Ovvero all’inganno.
Perché la lista dei potenziali beneficiari della norma ribattezzata “salva-Verdini” – quella che consente d’ora in poi anche ai residenti in Italia di candidarsi all’estero – si allunga. «Serve al ministro degli Esteri Angelino Alfano », spara in aula spiazzando tutti, e provando ad aprire un nuovo fronte, la pasionaria Daniela Santanché, deputata forzista e amica, molto amica, di Denis Verdini.
Certo è che l’articolo 5, disconosciuto da tutti, a cominciare dai partiti di maggioranza che se lo sono rimpallato (Pd e Ap), passa liscio anche senza fiducia, con 327 voti favorevoli e 149 contrari. Maurizio Lupi, capogruppo degli alfaniani, primo firmatario dell’emendamento che aprirebbe la via di fuga verso lidi in cui sia più facile l’elezione, appena esploso il caso aveva scaricato il barile. «Abbiamo presentato noi il testo, ma su richiesta dei colleghi pd, rientrava in un patto di maggioranza, ma in aula lo ritiriamo ». E invece, altro che ritiro. Ieri pomeriggio il testo viene tranquillamente discusso, votato, approvato. Non dovevate ritirarlo? «Purtroppo ci siamo resi conto che non era possibile farlo, ci hanno detto che era tecnicamente impossibile, con l’articolo ormai in votazione», allarga le braccia il firmatario. Il capogruppo pd, Ettore Rosato, non ci sta a vedersi affibbiato l’emendamento dell’imbarazzo. «Proposto da noi? Per nulla, è stata una iniziativa Alternativa popolare», dice tranquillizzando i colleghi in Transatlantico.
Ma cosa spingerebbe gli alfaniani a insistere tanto su quella norma che puzza di bruciato? «I colleghi del M5S si accalorano moltissimo perché credono che sia stata scritta per far candidare all’estero l’onorevole Verdini, invece vi do una notizia – declama nel suo intervento in aula Daniela Santanché – studiate meglio, perché questo emendamento non è stato scritto per lui ma per il ministro Alfano». Brusio in aula, poi silenzio. La deputata forzista esce, raggiunge il cortile di Montecitorio per fumare una sigaretta e rincara: «Quell’emendamento rientra nell’accordo che hanno stretto Alfano e il Pd sulla Sicilia: lo ha preteso il ministro degli Esteri per salvarsi, oppure per salvare l’onorevole “acchiappavoti” Giuseppe Castiglione, sottosegretario alle Politiche agricole ma con qualche problemino. Chi li vota altrimenti in Italia? » Apriti cielo. La tesi, poi articolata meglio, è che il capo di Ap, in crisi di consensi, forte della sua carica alla Farnesina e dei numerosi contatti con le comunità italiane all’Estero, approfitterebbe della scorciatoia. Alfano nemmeno replica, nei commenti coi suoi la ritiene una sciocchezza messa in circolo solo per danneggiarlo. «Una buffonata» protesta in corridoio, più esplicito, Lupi. «Mi devono spiegare che interesse avrebbe Alfano, che può candidarsi capolista in cinque circoscrizioni in Sicilia, dove basta il 3 per cento per essere eletto, a rischiare in Sudamerica dove serve il 20 per cento e decine di migliaia di preferenze». Giuseppe Castiglione, altro uomo di governo Ap chiamato in causa dalla Santanché (per via dell’inchiesta sul Cara di Mineo), vero recordman di consensi in Sicilia, replica sul filo dell’ironia: «Ma certo, mi candiderò sia in Italia che all’estero. Qualcuno informi l’onorevole Santanché che in Sicilia vinco anche con l’uninominale secco, che nel 2008 da candidato alla presidenza della Provincia di Catania ho ottenuto il 79,9 per cento». Altro che fuga, è il succo.
Ma non è solo la casa di famiglia che a quanto pare Verdini possiede in Svizzera a farne a detta di tanti il beneficiario principale (ma l’italo brasiliana Renato Bueno lo accredita in Sudamerica). In aula i grillini Carlo Sibilia («Una porcata, una vergogna»), Danilo Toninelli e Andrea Cecconi cavalcano il sospetto, così i bersaniani Alfredo D’Attorre e Nico Stumpo. Proprio D’Attore sostiene che il tema guarda caso in commissione non era stato approfondito, insinuazione che fa saltare sullo scranno il relatore pd Emanuele Fiano: «Macché, è una norma per la parità tra cittadini italiani, residenti in Patria o all’estero, ed era richiesta da vari giuristi». Per i dem insomma dietro l’articolo 5 non c’è alcuno scandalo. Ma la caccia all’utilizzatore finale si chiuderà solo il giorno della presentazione delle liste.
Fonte: La Repubblica, www.repubblica.it/