Palermo ritrova Raffaello Così rinasce lo «Spasimo»

Ritorni Ricostituito in alta definizione il capolavoro che l’artista aveva concepito per l’altare ora ricomposto

 

di Stefano Bucci

«L’unica vera novità di questo Anno di Raffaello». Così Vittorio Sgarbi definisce la ricomposizione, da parte di Factum Foundation di Adam Lowe, dell’Andata al Calvario (più nota come Lo Spasimo di Sicilia) del maestro rinascimentale, di cui nel 2020 si celebrano i 500 anni dalla morte, la più grande da lui dipinta (318 x 229 centimetri) se si esclude l’incompiuta Trasfigurazione dei Musei Vaticani. Una novità non banale, anzi piuttosto articolata: perché se l’originale è rimasto al Prado di Madrid (dove era «ricomparso», dopo un complesso restauro, soltanto nel 2012 in occasione della mostra El último Rafael), quella che arriva ora nel monastero di Santa Maria dello Spasimo è per Sgarbi «una copia più vera del vero» in quanto realizzata su tavola rigida proprio come l’aveva voluta Raffaello (il dipinto era stato trasposto su tela dopo essere stato portato a Parigi da Napoleone).

Un’opera della maturità («come La ginestra di Leopardi») realizzata a Roma intorno al 1517 proprio per lo Spasimo di Palermo (Jacopo Basilicò era il committente) con una storia molto complicata alle spalle, dettagliatamente raccontata da Vasari nelle sue Vite: il naufragio nel mare di Genova della nave che la stava trasportando; il ritrovamento («illesa e senza macchia o difetto alcuno, perciò che sino alla furia de’ venti e l’onde del mare ebbono rispetto alla bellezza di tale opera») da parte dei genovesi che volevano appropriarsene, rinunciando solo per l’intervento di papa Leone X.

A Palermo il dipinto avrebbe eguagliato, sempre per Vasari, la fama dell’Etna, sarebbe stato ammirato e venerato fino a quando nel 1661 l’abate del monastero di Santo Spirito non lo avrebbe donato al sovrano spagnolo Filippo IV. Le sue traversie non finiscono qui: arrivato all’Escorial di Madrid, lo Spasimo rischia di bruciare in un incendio, viene razziato dalle truppe francesi e infine riconsegnato alla Spagna soltanto dopo la sconfitta di Napoleone.

Ma ieri, a Palermo, la (ri)sistemazione nel monastero, sede del dipinto fino al XVI secolo, dello Spasimo di Raffaello nella versione realizzata da Lowe (lo stesso Lowe che sempre con la Factum Foundation ha già firmato le scansioni ad alta risoluzione delle Nozze di Cana di Veronese oggi nel refettorio palladiano della Fondazione Cini sull’Isola di San Giorgio Maggiore a Venezia e della scomparsa Natività con San Francesco e San Lorenzo del Caravaggio oggi nell’Oratorio di San Lorenzo a Palermo) nasconde molto altro. A cominciare dalla ricomposizione dopo 34 anni, grazie al lungo e appassionato lavoro della storica dell’arte Maria Antonietta Spadaro, dell’altare che lo scultore Antonello Gagini aveva espressamente realizzato per il capolavoro di Raffaello: due colonne di oltre tre metri in marmo di Carrara finemente lavorato e una trabeazione a motivi vegetali, considerate disperse dopo i bombardamenti della Seconda guerra, poi ritrovate dalla professoressa Spadaro (in una cinquantina di pezzi) a Villa San Cataldo a Bagheria e ora ricomposte dopo ben 34 anni.

Una storia di ricomposizioni e trafugamenti, di incredibili dispersioni e di miracolosi ritrovamenti che, come ha detto ieri il sindaco di Palermo Leoluca Orlando (presente alla conferenza con Sgarbi, anima del progetto, Spadaro, la sovrintendente Lina Bellanca, Peter Glidewell di Factum Foundation, Paolo Porretto, direttore del cantiere di restauro dello Spasimo, Bernardo Tortorici di Raffadali, presidente degli Amici dei Musei Siciliani) «che ricorda molto quella della nostra città».

Una storia che, al tempo stesso, sottolinea quanto possano essere importanti le nuove tecnologie per l’arte, anche per la più classica. Una storia «non solo nazionale ma internazionale» che potrà essere visitata, come una mostra, per tutto luglio e agosto.

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