Qualità della vita
Le graduatorie appassionano, anche se quasi sempre sono rappresentazioni parziali di meriti e demeriti. In tutti i campi. Dalle hit musicali alle vendite dei libri.
Non va diversamente per le classifiche che da alcuni anni si fanno sulle nostre città, in base a voci diverse, non sempre sovrapponibili. L’ultima è quella pubblicata due giorni fa dal Sole 24 Ore , che come ogni anno ha compilato la classifica delle province italiane per qualità della vita. Una vera e propria pioggia di numeri catalogati per sottocategorie, dalla ricchezza all’ambiente, dal lavoro al tempo libero. Una radiografia approfondita degli usi e dei consumi, piena di spunti di riflessione. I problemi nascono quando dalle singole voci si passa a tirare le somme. Ed entrano in gioco i valori medi. Che possono nascondere verità molto diverse. Esemplare è proprio il caso di Firenze, che — dodicesima in assoluto — nel 2017 è peggiorata per l’offerta di librerie e sale cinematografiche, ma sulla cultura ottiene un brillante secondo posto. Possibile? Sì, grazie alla spesa dei turisti. Ma sappiamo quale prezzo la città paga ogni giorno all’aumento esponenziale dei suoi visitatori… Qualità della vita? Siamo proprio certi che di questo si tratti? O, come ci dicevano i nostri prof, si è andati fuori tema? La classifica generale finale del quotidiano di Confindustria ha premiato le province della fascia prealpina. Prima Belluno, seconda Aosta, terza Sondrio, poi Trento e Bolzano. Settima è Verbania. Fattore aria pulita più alto reddito più ritmi meno forsennati e coesione sociale. Caratteristiche che si colgono a occhio nudo. Ma il criterio prevalente ha scatenato l’ira del Giornale a difesa di Milano, solo ottava: come non considerare la complessità di una grande metropoli e lo sforzo della nostra unica vera città europea per garantire servizi efficienti e opportunità di ogni tipo ai suoi abitanti? L’obiezione è tutt’altro che infondata e fa riflettere sui metri di giudizio, pubblici e privati. Si parla tanto di smart city, di città intelligenti, ma all’estero gli esempi ci parlano di realtà che hanno saputo affrontare le sfide della contemporaneità con una rete adeguata di trasporti, controlli sul clima, organizzazione degli spazi. Qual è il nostro modello di città ideale allora?
Quanto alla Toscana, sono stati più i regressi che gli avanzamenti. Con gran parte delle sue province comprese in quella che potremmo definire come la terra di mezzo dell’Italia. «In medio stat virtus». E invece no. In questo caso la virtù non si vede, s’impone la mediocrità. Più o meno «aurea», nella regione più bella d’Italia. Ma non di solo pane, olio buono e panorami vive l’uomo…