L’addio di Jean Pierre Mustier a Unicredit avrà conseguenze profonde sul sistema bancario italiano. L’uomo che nel 2016 salvò i conti della seconda banca italiana – ma con presenza estera maggiore rispetto a Intesa – ha visto bocciato il suo Piano Team 23 dal nuovo consiglio d’amministrazione guidato dall’ex ministro dell’Economia e parlamentare del Pd fino al 4 novembre Pie Carlo Padoan. Il suo arrivo è coinciso con una norma della legge di Bilancio scritta apposta per favorire le aggregazioni bancarie – poter convertire le imposte anticipate (Dta) in capitale, sebbene il M5s abbia presentato un emendamento per ridurne drasticamente la portata da 5 miliardi a 500 milioni – spianando la strada all’acquisizione di Mps, banca nazionalizzata dallo stesso Padoan nel 2015 che deve tornare privata per le norme Ue. Mustier invece puntava all’estero e da francese pignolo non ne voleva sapere di entrare nelle beghe politiche italiane. Il suo piano però prevedeva anche esuberi – 8 mila di cui 6 in Italia su 38mila dipendenti – ed era quindi malvisto sia dai sindacati che dai dirigenti non apicali.
Mustier lascerà formalmente ad aprile, ma la caccia al sostituto è già partita e deve essere chiusa da Padoan in tempi brevi. Il problema infatti è che la mossa del nuovo cda non è affatto piaciuta ai mercati. Il titolo Unicredit ieri è crollato dell’8% in Borsa sotto il peso di una serie di downgrade che ha bruciato in due sedute 2,5 miliardi di capitalizzazione. Il giudizio del Financial Times sull’operazione è stato infatti durissimo: «I governi non dovrebbero forzare le banche ben gestite a ripulire gli errori di quelle mal gestite».
Il rischio reale è che Unicredit, invece d’essere il pivot aggregativo in Italia, diventi la preda succulenta delle banche francesi desiderose di poter sfruttare la sua presenza in Germania.
Fotografia dal web (se la pubblicazione viola eventuali diritti d’autore, vi chiediamo di comunicarcelo e provvederemo immediatamente alla rimozione)