Mps-Unicredit, il Tesoro stringe e adesso Carige diventa un caso

Gilda Ferrari
Carige lavora al piano B, nel caso in cui la banca non riuscisse a convolare a nozze entro la fine dell’anno. Il tema sarà al centro dell’attenzione del prossimo consiglio di amministrazione, a metà ottobre. La retromarcia di Cassa Centrale Banca, che ha deciso di non esercitare l’opzione di acquisto sull’80% in mano al Fondo Interbancario, e il contesto elettorale che rallenta il dossier Monte dei Paschi-Unicredit costringono l’istituto ligure a gestire un supplemento di incertezza.
Il piano redatto a suo tempo dal Fitd prevedeva che la quota del Fondo passasse a Ccb entro fine 2021: questo avrebbe risolto alla radice il problema del rispetto dei requisiti patrimoniali fissati da Bce. Ma la holding trentina ha deciso di rinunciare alla maggioranza, accontentandosi dell’8,3% che attualmente possiede, e la ricerca di partner alternativi non ha sinora dato frutti. Perciò il nodo dei requisiti patrimoniali resta ed è stato ben evidenziato anche nel prospetto informativo pubblicato in occasione del ritorno in Borsa del titolo. Senza aggregazione, per continuare a rispettare il diktat di Francoforte nel 2022 servirà un aumento di capitale sino a 400 milioni e Bce chiede garanzie.
Opinione diffusa è che il risiko bancario non possa offrire svolte per Carige prima di una soluzione del nodo Mps «molto più complesso e destinato a fungere da test di valutazione», osservano gli analisti. Il destino di Genova pare dunque subordinato a Siena. Bloomberg ieri scriveva che il governo e Piazza Gae Aulenti starebbero facendo progressi verso la firma di un’intesa preliminare che potrebbe arrivare entro l’anno. Il Mef starebbe lavorando per soddisfare le richieste di Andrea Orcel, con un accordo che potrebbe costare allo Stato più di 10 miliardi di euro. Sboccata quella situazione, una soluzione per Carige potrebbe arrivare a ruota, ma i tempi sono davvero stretti. Sono proprio i tempi stretti e l’incertezza del quadro ad aver spinto Bce a chiedere a Carige e al Fitd garanzie sul piano B, nel caso in cui l’aggregazione slitti.
Tra gli amministratori si respira un clima di serenità alla luce delle assicurazioni date dal Fitd in occasione del ritorno in Borsa, quando il Fondo ha ribadito il proprio «perdurante, pieno e convinto impegno nel sostegno della banca e degli interventi per proseguire il turn-around». Rappresentando il sistema, non rientra nei compiti del Fitd fare l’azionista di maggioranza di un istituto, né ricapitalizzarlo una seconda volta. Tuttavia, «senza un partner l’aumento di capitale servirà e non sottoscriverlo sarebbe peggio».
https://www.lastampa.it/