Mps, il Mef studia un aumento da 5 miliardi ma per Orcel potrebbero non bastare

due settimane per chiudere: il 28 insieme ai conti attesa la posizione di piazza gae aulenti
più vicino il passaggio a cdp e fondi
Autostrade firma l’accordo con il ministero misure compensative per 3,4 miliardi
gianluca paolucci
Come andrà a finire lo si saprà con i conti di Unicredit, il prossimo 28 ottobre. Due settimane per chiudere l’accordo o dirsi addio. Le posizioni tra Tesoro e Unicredit per la cessione di Mps sono ancora lontane: dal Mef – riferisce Bloomberg – sarebbe arrivata la disponibilità a valutare un aumento di capitale Mps pre-cessione di oltre 5 miliardi, più del doppio della cifra stimata appena qualche settimana fa. Dall’altra, al temine della due diligence Unicredit avrebbe stimato, per soddisfare le condizioni fissate da Andrea Orcel all’avvio della trattativa – la neutralità sul capitale e un significativo miglioramento dell’utile per azione – un fabbisogno superiore ai 7 miliardi di euro.
In gran parte il tira e molla rientra nelle strategie negoziali di un negoziato complesso come quello per Montepaschi. Se dovesse arrivare un accordo, Orcel potrebbe annunciare con i conti del primo trimestre completo della sua gestione un’operazione in grado di dare grandi soddisfazioni già nel breve termine agli azionisti di Gae Aulenti, per il vincolo del miglioramento dell’utile per azione e preparare un piano industriale – previsto a novembre – per un istituto che aumenterebbe sensibilmente in suo peso in Italia. La richiesta di Orcel è di prendere Mps ripulita dai rischi legali, senza npl (da cedere ad Amco), senza le società prodotto (Mps leasing & Factoring, Mps fiduciaria, Mps Capital services) e senza il consorzio operativo che cura la parte informatica del gruppo. Tra i nodi da definire c’è anche quello degli esuberi, che potrebbero ammontare a 6-7 mila persone, con un costo stimato fino a 1,4 miliardi. Mentre altri oneri potrebbero derivare dalla «adeguata copertura» degli «ulteriori rischi di credito», chiesta da Unicredit, come i crediti in bonis a rischio deterioramento. Ora si tratterà di vedere se queste richieste riusciranno a comporsi con i paletti posti dal Mef: il ministro dell’Economia, Daniele Franco, ha detto in Parlamento che Mps non sarà svenduta né smembrata e che avrebbe fatto tutto il possibile per salvaguardare l’occupazione e il territorio. Ieri alcune fonti facevano notare come un «esito positivo della trattativa» non fosse «da dare per scontato»: senza il rispetto di «tutte le condizioni pre-concordate» con Unicredit «il gruppo potrebbe prendere in considerazione la possibilità di ritirarsi».
Dal Tesoro arriva anche – riferisce Reuters – l’indiscrezione di una proroga di sei mesi degli incentivi alle fusioni grazie alla conversione degli asset fiscali differiti. A Piazza Affari i titoli bancari hanno festeggiato. E se Unicredit dovesse ritirarsi, il Tesoro comprerebbe tempo in più per vendere Mps.
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