Mps, Caltagirone chiede 500 milioni di danni

Tra i rischi legali dell’istituto anche la pretesa dell’ex socio. La procura di Milano indaga sugli accantonamenti

Una richiesta stragiudiziale di circa 500 milioni di euro. È uno dei principali – per ammontare – rischi legali di Montepaschi dopo la transazione con la Fondazione. Ad avanzar la pretesa, un ex socio ed ex amministratore di peso dell’istituto: Francesco Gaetano Caltagirone. La richiesta, secondo quando ricostruito, risale al 2014, è stata rinnovata nel 2018 e verte sulle comunicazioni finanziarie dell’istituto nel periodo che va dal 2008 (acquisizione Antonveneta e operazioni collegate) fino all’uscita della società del gruppo dell’imprenditore romano dall’azionariato all’inizio del 2012.

La pretesa è ritornata d’attualità, per Rocca Salimbeni, nell’ambito del lavoro che l’istituto sta portando avanti per ridurre l’impatto dei rischi legali sul bilancio e presentarsi «pulito» al negoziato con Unicredit. Un’attività che ha già portato alla cancellazione delle pretese della Fondazione, che chiedeva 3,8 miliardi e la cui richiesta, anche questa stragiudiziale, è stata chiusa con il pagamento di 150 milioni da parte di Mps. Nella presentazione dei conti semestrali è emerso come il totale del petitum per Mps si sia dimezzato, scendendo a 4,9 miliardi dai circa 10 miliardi dell’ultimo aggiornamento nel trimestre scorso. Di questi, 1,9 miliardi sono relativi alle comunicazioni finanziarie dell’istituto e agli aumenti di capitale effettuati. In quest’ultima voce, oltre alla richiesta di Caltagirone è compresa anche la causa da 430 milioni del fondo Alken – che in primo grado ha perso, con il tribunale di Milano che ha condannato il fondo al pagamento delle spese ma che probabilmente farà ricorso – e quella del fondo York, che chiede oltre 180 milioni di euro all’istituto.

Ieri è emerso su Repubblica che la procura di Milano ha aperto un fascicolo sui rischi legali di Mps, per verificare se sia adeguato l’accantonamento dei fondi per i rischi legali relativi alle richieste danni e alle cause sorte attorno ai procedimenti penali. L’inchiesta, partita da una serie di denunce del finanziere Giuseppe Bivona e coordinata dal pm Paolo Filippini, ipotizza i reati di false comunicazioni sociali e manipolazione del mercato.

 

Caltagirone, attraverso alcune società del gruppo da lui guidato, era arrivato a detenere il 5% della banca toscana e all’incarico di vicepresidente dell’istituto. Il 26 gennaio del 2012 si dimise dal cda, con la partecipazione scesa sotto al 2%. Solo nel 2013, con la banca in piena tempesta giudiziaria e finanziaria, emersero i contrasti all’interno del cda tra Caltagirone e altri consiglieri e il gruppo intorno all’allora presidente Giuseppe Mussari. Caltagirone, è emerso in seguito, aveva votato contro il bilancio 2009, criticato l’operazione Fresh (un parte del rafforzamento patrimoniale per l’acquisizione di Antonveneta) e chiesto ripetutamente chiarezza sui Btp in portafoglio durante la crisi del debito del 2011, quando la banca entrò in forte crisi a causa – ma sarà chiarito solo nel 2013 – della componente legata ai Btp delle operazioni Alexandria e Santorini.

 

Secondo quanto ricostruito, la perdita del gruppo Caltagirone con l’operazione Mps sarebbe stata di 230 milioni di euro.

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