“Montepaschi, con le svalutazioni corrette il patrimonio si sarebbe azzerato”

Luca Fornovo
Gianluca Paolucci

 

Non sono finiti i guai giudiziari di Alessandro Profumo e Fabrizio Viola, gli ex vertici che hanno guidato la banca Monte dei Paschi di Siena dal 2012 al 2015. «Se tutte le rettifiche a partire dal 2015 fossero state correttamente apportate, il patrimonio di Monte dei Paschi si sarebbe ridotto quasi a zero e la banca avrebbe avuto serie difficoltà a continuare ad operare».
È questa la piuttosto sorprendente conclusione a cui giunge il Tribunale di Milano che ha bocciato la richiesta di archiviazione presentata dai pm Civardi, Baggio e Cleri e ha chiesto agli stessi magistrati di avviare ulteriori indagini sui due top manager della banca toscana non solo sulle operazioni Nomura e Deutsche Bank firmate da Mps nel 2008 e 2009 per 5 miliardi ma, per l’appunto, anche sulla presunta errata contabilizzazione del patrimonio. E’ stata invece archiviata in via definitiva Mps in relazioni agli illeciti amministrativi.
I reati per cui sono indagati Viola, ex amministratore delegato di Mps e l’ex presidente Profumo, oggi alla guida del colosso della difesa Leonardo, sono false comunicazioni sociali inerenti la banca Mps, quotata in Borsa. E a promuovere il ricorso contro l’archiviazione sono state una serie di associazioni assistite dall’avvocato Paolo Emilio Falaschi e il consulente finanziario Giuseppe Bivona. Nel decreto che respinge l’archiviazione emerge anche una sottovalutazione da parte di Bankitalia della reale gravità della situazione dei crediti deteriorati in Mps.
Nel decreto, infatti, il giudice per le indagini preliminari, Guido Salvini, osserva che il giudizio formulato dalla Banca d’Italia, a seguito dell’ispezione conclusa il 12 marzo 2013, «non rifletteva l’ancor più grave stato dei fatti in quanto non descriveva completamente la situazione di rischio in cui si trovavano i clienti dell’istituto». Bankitalia aveva analizzato solo 357 posizioni da 4,6 miliardi, cioè un campione parziale rispetto al totale dei crediti deteriorati che, scrive il gip, «ammontavano a più di 26 miliardi». Anche il bilancio del 2016 sarebbe stato caratterizzato da una «sottostima delle necessarie rettifiche sui crediti». A fare maggiore chiarezza sui bilanci della banca è stata invece, secondo il Tribunale di Milano, la Banca centrale europea che con l’ispezione del 2 giugno 2017 ha rilevato la necessità di stabilire ulteriori accantonamenti per 7,55 miliardi. Questo perché molti crediti Mps erano stati classificati come in «bonis» anziché deteriorati e altri come «a inadempienza probabile» invece di «vere e proprie sofferenze».
Il gip Salvini ha respinto così la richiesta di archiviazione della Procura perché «non offre una risposta soddisfacente», e ha osservato anche che l’attività di indagine dei pm si è limitata «a riportare nella motivazione le dichiarazioni soprattutto di alcuni funzionari della Banca d’Italia, senza ricostruire in modo organico la complessa vicenda dell’esposizione dei crediti deteriorati». Vicenda che il gip ha analizzato sulla base della consulenza del novembre 2018 di Lara Castelli e di Roberto Tasca, giudicata però come «non determinante» e tenendo conto della consulenza di Eugenio D’Amico, depositata il 17 aprile 2019, cioè dopo la richiesta di archiviazione. Tale consulenza era già stata depositata nel processo civile a Firenze per la richiesta danni promossa dal fondo Alken contro Mps. Anche sulla questione dei derivati Alexandria e Santorini, la richiesta di archiviazione per Profumo e Viola, avanzata dalla procura, era stata respinta dal gip e dal gup. —