Michele Emiliano sullo sfondo dei populismi

Le istituzioni del Mezzogiorno sono da sempre la ribalta dei politici locali. Ma si sbaglierebbe a ritenere che il protagonismo di questi sia solo il frutto dei clientelismi: piuttosto è un’indicazione intorno a ciò che è diventato il Paese nel suo insieme

 

Guido Ruotolo

Chissà quale altra sorpresa ci proporrà nel prossimo futuro. L’ultima è ancora lì, difficile da digerire: “Salvini ha fatto un grande sforzo per delineare una visione di Paese”. “Da te – ha proseguito rivolgendosi direttamente al leader della Lega – mi aspetto consigli e incoraggiamenti perché so della tua onestà intellettuale”.

Michele Emiliano presidente della regione Puglia, il “ribelle”, il “gladiatore”, lo “sceriffo”, vuole sparigliare le carte. Apre alla Lega dopo non aver fatto mistero che sosterrà ancora una volta il suo amico di CasaPound che vuole la chiusura dell’Anpi di Lecce, il sindaco uscente di Nardò, Pippo Mellone. Il quale, alle primarie del Pd – quando Emiliano si candidò raccogliendo il 10% dei consensi –, invitò a votarlo.

Michele Emiliano e Vincenzo De Luca sarebbero la sinistra, o quel che rimane del centrosinistra, nelle istituzioni del Mezzogiorno, il primo in Puglia, il secondo in Campania. Il tratto comune che li contraddistingue è il populismo e il distacco dalla sinistra che fu.

Sicilia e Calabria sono governate dal centrodestra, e i sondaggi confermano questa tendenza anche per le prossime regionali in Calabria. Lo schieramento alternativo si presenta con tre candidati: Luigi De Magistris, sindaco uscente di Napoli, Mario Oliviero, ex presidente della Regione Calabria eletto dal centrosinistra, e Amalia Bruni, candidata del Pd e dei 5 Stelle.

Tra le altre scadenze elettorali, nel Mezzogiorno, il voto più importante è rappresentato dalle comunali di Napoli, governata per un decennio dal populista ex magistrato De Magistris. Per il centrodestra è in campo il magistrato Catello Maresca, candidatura che ha creato malumori nella coalizione che lo sostiene. Pd e 5 Stelle propongono Gaetano Manfredi, il rettore dell’Università, mentre prova a essere eletto a Palazzo San Giacomo l’ex sindaco ed ex presidente della Campania, Antonio Bassolino. Prima di traslocare in Calabria, De Magistris ha benedetto la candidatura della sua assessora Alessandra Clemente.

In un sud squassato dal malgoverno e da una mancanza di progettualità, si sono affermati alle ultime politiche i leghisti sovranisti di Salvini e i vari populismi rappresentati anche dalla destra di Giorgia Meloni. I sondaggi, per quel che valgono, danno avanti in Calabria il candidato del centrodestra Roberto Occhiuto, e, a sindaco di Napoli, Manfredi sostenuto dal Pd e dai 5 Stelle.

Saranno elezioni atipiche e di svolta? Il voto al sud è sempre stato bollato come voto filogovernativo e clientelare. In realtà non è così. Prendiamo la Calabria, che ha sempre votato per l’opposizione, da vent’anni a questa parte. Dando così un giudizio di merito sull’operato degli amministratori uscenti. Questa volta i calabresi sembrano voler confermare al governo della regione il centrodestra.

Colpisce che la macchina burocratica e amministrativa del Mezzogiorno non sia in grado di garantire servizi degni di questo nome ai cittadini. Eppure la leva della pubblica amministrazione è saldamente in mano ai meridionali. È evidente che c’è un problema di contaminazione del territorio e di incapacità delle istituzioni in quanto tali.

I punti di riferimento dei vari schieramenti sono saltati tutti. La Puglia è sempre stata un laboratorio interessante. Fino all’inizio del nuovo millennio, per i media era Massimo D’Alema a rappresentarla. Oggi è il “panzer”, il “gladiatore”, lo “sceriffo” Michele Emiliano, presidente della Regione Puglia al secondo mandato. Fu eletto sindaco di Bari nel 2004. E da allora, gradino dopo gradino, ha scalato la montagna del potere. Ha ingaggiato anche uno scontro durissimo con l’allora leader del partito Matteo Renzi (“venditore di pentole”): “Ha trasformato il Pd nel partito dei finanzieri, petrolieri e banchieri”.

Oggi Emiliano è sicuramente un modello di riferimento per un nuovo ceto politico. Anche se è stato segretario regionale pugliese del Pd (nel 2018 non si iscrisse più al Pd perché altrimenti si sarebbe dovuto dimettere dalla magistratura), la sua formazione e la sua cultura non possono essere omologate alla sinistra. Nasce magistrato. Giovane pm nell’Agrigento di Rosario Livatino, il giudice “martire” ucciso dalla mafia, si trasferisce a Brindisi e poi Bari. E qui nel 2004 si candida a sindaco della città, per strapparla alla destra. Torna a vincere nel 2009. È un sindaco “combattente”, uno a cui piace il modello “tolleranza zero” dell’americano Rudolph Giuliani.

Quanto è cambiato, da allora, Emiliano? Ha avuto anche sbandate, come quando si schierò contro l’obbligo vaccinale nelle scuole proposto dal governo Gentiloni, salvo poi fare retromarcia.

Ma possiamo dire con certezza che il personaggio è cambiato. Piaccia o no, in questo secondo mandato di presidente si appresta a una infornata di nomine bipartisan. Certo, ci sono anche le consulenze e gli incarichi ai “trombati” del suo schieramento (come Angelo Riccardi, ex sindaco di Manfredonia, Comune sciolto per mafia), ma posti di rilievo li ha garantiti agli avversari politici, per indebolire così il fronte dell’opposizione.

L’elenco dei favoriti è lungo. Dall’ex sindaco di Bari del centrodestra, Simone Di Cagno Abbrescia, nominato presidente dell’Acquedotto Pugliese, ad assessori ed ex esponenti politici sistemati con incarichi di potere nel sistema della sanità pugliese. Dopo il voto amministrativo di ottobre, ci sarà una nuova infornata di nomine. Acquedotto, direzioni generali delle Asl, aeroporto della Puglia.

In tutti questi anni in cui è stato sindaco di Bari e presidente della Puglia, quasi diciotto, non è mai scivolato sulla buccia di banana di inchieste giudiziarie. Solo nel 2012, nell’inchiesta sugli appalti baresi, finì sui giornali per le casse di “cozze pelose” avute in regalo dall’amico imprenditore Degennaro. Quando iniziò la sua carriera di amministratore pubblico, disse di “non essere un politico di professione”. Oggi è il candidato a rappresentare un nuovo modello dei politici alla ribalta.

 

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