di Pierluigi Piccini
Nel tardo pomeriggio di ieri mi arriva su Whatsapp un messaggio preso da Facebook, di Paolo Benini, che recita: “Proviamo a tenerli un po’ digiuni per vedere se gli viene fame!!”. Il riferimento alle mense e al cibo che viene dato ai bambini, e non solo ad essi, è automatico. È in corso una contestazione dei genitori degli alunni che denunciano i pasti scarsi, freddi e serviti “tristemente” somministrati ai propri figli. Tanto più che l’assessore ha fissato o sta fissando un incontro proprio con alcuni firmatari di una lettera di lamentele inviata al sindaco e ai consiglieri comunali. Quindi era normale associare l’affermazione del Benini alle mense. Tuttavia, non c’era da rimanere meravigliati dal modo di porsi del Benini. Da tempo ci ha abituato a un fraseggio rude, apparentemente essenziale che vorrebbe ricondurre a un modo di fare privo di fronzoli, come avrebbe detto qualcuno “maschio e volitivo”, che accetta la democrazia come apparenza. Comportamenti che tenderebbero a ridurre la complessità in cui viviamo a un tempo semplificato con scambi di binari semplici: l’esatto contrario di ciò di cui avrebbe bisogno un assessore, per di più all’istruzione, oggi. Quindi, quanto ha scritto è condannabile, ma sta in questa logica. Ovviamente, le giuste reazioni non hanno tardato a farsi sentire. E subito, il colpo di scena! La frase incriminata viene eliminata dall’estensore è sostituita da un’altra indirizzata, da quanto è dato sapere, all’ennesima sconfitta della squadra di calcio senese. Sembra di capire che quel: “Proviamo a tenerli un po’ digiuni…” non fosse riferita agli alunni, ma ai calciatori. E anche se fosse così, cosa cambia? L’assessore dismette i panni dell’istruzione e mette quelli dello sport, ma il risultato è il medesimo, anzi peggiore: si cambiano i pubblici, scontentandone due con un colpo solo. Che poi, la responsabilità è degli alunni, dei calciatori o di qualcun altro, ovviamente, non del Benini. Nel primo caso dell’Asl (presidente e direttore nominati dall’attuale amministrazione) e del Governo, nel secondo degli Armeni, non dell’amministrazione comunale ha voluto dare loro ad ogni costo la squadra di calcio della città.