Martone: «È un film scritto come fosse una commedia con dolore, risate e le ombre della vita»

«Mi è stato offerto un regalo straordinario: poter da attore raccontare la storia di un attore che attraverso l’esercizio del suo mestiere, attraverso il proprio corpo, ha celebrato la vita stessa». Toni Servillo ha parlato così della propria interpretazione del celebre uomo di teatro Eduardo Scarpetta in Qui rido io, il film di Mario Martone presentato in concorso alla Mostra del cinema di Venezia. Non poteva esserci una coppia artistica migliore per riportare alla luce la figura del grande attore e commediografo, considerati i palchi calcati insieme nella città partenopea con la compagnia Teatri Uniti fondata nel 1986. «Toni e io abbiamo una storia comune che dura da molto tempo, abbiamo fatto tanto teatro d’avanguardia all’inizio. Nei nostri lavori abbiamo messo in scena Napoli per la prima volta nello spettacolo di Enzo Moscato Rasoi in cui c’era Iaia Forte, con noi qui anche oggi. Poi c’è stato Morte di un matematico napoletano e così via. Posso dire che questo era un film che ci aspettava da quarant’anni» ha raccontato Martone durante un incontro stampa.

DA DOMANI nelle sale, Qui rido io non intende essere un semplice biopic sull’autore di famose commedie tra cui Miseria e nobiltà: «Abbiamo scritto il film come fosse a sua volta una commedia che contenesse però al suo interno anche il dolore, la malinconia, le ombre della vita, seguendo l’esempio di Eduardo De Filippo», così il regista che nel 2019 aveva presentato a Venezia l’adattamento de Il sindaco del Rione Sanità di Eduardo.
Servillo, presente alla Mostra con tre film, fa il gesto scaramantico delle corna quando qualcuno in sala parla della Coppa Volpi come Miglior attore, mai vinta finora. Rispetto al suo personaggio, una figura straripante che grazie al talento travolgente aveva soppiantato l’acclamata maschera di Pulcinella con la propria, ha dichiarato: «Ho immaginato Scarpetta come un animale, con la sua brama di vivere marca il territorio dove detta le regole e svolge la sua caccia: la famiglia, il quartiere, il palcoscenico. È un film dove coincidono le nascite e i debutti, in un grande prisma che rappresenta il flusso della vita stessa». Nel film di Martone però non c’è solo Scarpetta ma anche tanti altri grandi di inizio ‘900 che testimoniano delle tensioni che serpeggiavano negli ambienti culturali dell’epoca, tra visioni differenti e approcci nuovi al fatto artistico. Così il regista ha parlato della scena in cui si incontrano l’attore e commediografo napoletano con il vate Gabriele D’Annunzio: «Mi sono divertito moltissimo ad immaginare quel momento. Nella sceneggiature abbiamo scritto che l’atmosfera avrebbe dovuto essere a metà tra le strisce di Crepax e Totò all’inferno».

UN TEMA CENTRALE nel film è senz’altro quello della paternità negata, considerati i numerosi figli mai riconosciuti da Scarpetta tra cui il grandissimo Eduardo De Filippo. Ed è proprio nella ricostruzione della vita privata che Martone e la co-sceneggiatrice Ippolita Di Majo hanno dovuto inventare di più, come ha spiegato il regista: «Che cosa le tre donne di Scarpetta e i rispettivi figli pensassero veramente non possiamo saperlo, è un mistero che potevamo penetrare solo con l’immaginazione. Eduardo, ad esempio, non ha mai voluto parlare di Scarpetta come padre. Rispondeva ostinatamente: «Era un grande attore».
Nell’incontro viene infine affrontato il tema dei personaggi femminili, presenze che invece di farsi la guerra sono piuttosto solidali nel gestire la potenza del patriarca. L’attrice Maria Nazionale ha chiosato così: «Tutto questo è accaduto nel primo ‘900, c’è ancora qualcuno che si chiede: è giusto o non è giusto? Io rispondo: è vita guagliò». Iaia Forte ha invece posto un accento diverso: «Trovo molto affascinante che in una tribù di attori le regole morali fossero completamente diverse rispetto ai canoni». Uno spunto interessante considerata la tortuosa vicenda della dinastia Scarpetta-De Filippo, di cui un rappresentante è giunto fin qui a Venezia: si tratta ancora di un Eduardo Scarpetta che nel film ha interpretato il ruolo del suo bisnonno, Vincenzo. Perché certe storie non si spiegano e speriamo che continueranno a non spiegarsi, ma a regalarci sempre la magia del teatro.

 

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