L’indagine sul clan Tagliavia e il riciclaggio tra Prato e Piana
R .R.
prato «Denunciate senza paura». È questo l’appello agli imprenditori che arriva da Confindustria Toscana Nord dopo l’operazione della Procura antimafia di Firenze che ha fatto scattare 12 arresti nell’ambito di un’inchiesta sui soldi riciclati dal clan Tagliavia. «Appena ci sono episodi un po’ particolari e un po’ strani quello è il momento di alzare la voce. Bisogna sentirsi sicuri e protetti dalle forze dell’ordine. Le aziende possono anche passare attraverso di noi», dice il vicepresidente dell’associazione Francesco Marini, ai microfoni del Tgr Toscana . Sono una trentina le aziende toscane coinvolte che sono sospettate di fare affari illeciti con «Cosa Nostra». Spiega il vicepresidente Marini: «È vantaggioso solo quando si vuole andare nell’illegalità o per avere un vantaggio competitivo maggiore: il territorio tra Prato e Firenze è probabilmente troppo pieno di contanti». Il vicepresidente Marini spiega anche che può essere «una situazione più drammatica in cui le aziende vanno male e cercano delle soluzioni per poter sopravvivere: allora forse su questo l’illegalità riesce ad avere il sopravvento». Agli atti dell’inchiesta emerge che tra gli indagati c’è anche Gianluca Bertini, assessore al bilancio (del Pd) del Comune di San Miniato: i finanzieri giovedì hanno perquisito Pallets Bertini srl e Pallets Bertini Group srl che fanno capo anche al rappresentante politico. Secondo gli inquirenti esisteva un’associazione a delinquere che ha realizzato un imponente giro di denaro, per un importo totale di oltre 150 milioni di euro, caratterizzato da continue operazioni di accredito e di addebito di somme anche ingenti, giustificate quali pagamenti di fittizie forniture di merce, «tramite documentazioni contabili non di rado artatamente predisposte a posteriori», hanno spiegato gli investigatori. «In Toscana abbiamo una vera e propria emergenza mafiosa nell’economia legale» ha dichiarato il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho. «Nel momento in cui le società mafiose danno un servizio illegale — ha affermato Cafiero De Raho — non si limitano a offrire il servizio illegale della falsa fatturazione che giova alle imprese, ma le aggregano al circuito illegale delle mafie», e questo «significa inquinare l’economia legale che via via viene erosa». In questo modo si costituisce «un circuito criminale nel quale la società mafiosa si confonde con la società sana, e quindi diventa sempre più difficile nelle indagini individuare il soggetto realmente mafioso». La Toscana «è un territorio particolarmente esposto all’infiltrazioni della mafia, che attraverso il suo circuito economico riesce a ripulire denaro». Confindustria Toscana Nord aveva già applaudito ieri l’operazione di Procura e Guardia di Finanza: «Bene che le forze dell’ordine perseguano con determinazione questi fenomeni; fatte salve le necessarie verifiche giudiziarie sulle posizioni delle singole persone, è fondamentale che meccanismi criminali di questo genere, che si insinuano in profondità nel contesto economico locale, vengano duramente repressi».
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