Morelli saluta Mps “Credibilità ritrovata” Ma i tagli non sono finiti

IL CASO
di Andrea Greco
MILANO — Monte dei Paschi fa i conti con un 2019 pieno di vincoli, uno dei quali — messo dal governo padrone — ha indotto come noto a ridurre di 1,2 miliardi i crediti fiscali, determinando la perdita netta di 1,03 miliardi. Il capoazienda Marco Morelli fa un bilancio di fine mandato, che somiglia a un commiato dopo tre anni e mezzo in trincea: «Ho operato come ad con tre governi e tre ministri diversi e ho sempre detto che mettevo a disposizione il mio mandato; ora è giunto il momento di tirare le somme e spiegare quel che la banca ha fatto e la mia posizione — ha detto il banchiere — . A quel punto il ministro esprimerà il suo parere e le sue proposte sulla nuova formazione del cda». Secondo fonti di quella “politica” che via Tesoro possiede il 68,5% del Monte, qualche somma è già stata tirata: e Morelli avrebbe già espresso a chi di dovere l’indisponibilità al rinnovo, considerando chiusa l’esperienza senese. Un caso peraltro isolato, finora, tra le 16 poltrone di vertice delle partecipate pubbliche al rinnovo in primavera (Enel, Eni, Terna, Leonardo, Poste, Mps, Enav, Raiway). L’asse Pd-M5s ne avrebbe preso atto, e ne vuole approfittare per un cambio netto che dovrebbe coinvolgere anche la presidente Stefania Bariatti e vari membri del cda (come il vicepresidente Antonino Turicchi, dirigente del Tesoro già nominato ad di Fintecna).
«Chiudiamo un percorso perseguito negli ultimi tre anni. Il 2019 è un altro passo in avanti per consolidare la presenza commerciale della banca; abbiamo fatto un ottimo lavoro e siamo riusciti a dimostrare che in un contesto macro non facile e con impegni molto pesanti sottoscritti con l’Ue per gli aiuti di Stato abbiamo fatto crescere impieghi ai clienti, masse gestite e depositi, e molto più rapidamente del previsto abbiamo ridotto i crediti deteriorati », da fine 2016 a oggi scesi del 74%, da 46 a 12 miliardi. Ma sono ancora troppi rispetto all’attivo, tanto la banca aspetta il nulla osta di Bruxelles per venderne una decina al gestore pubblico Amco: «Sono in atto negoziati tra il Tesoro e la Commissione, la banca semplicemente aspetta comunicazioni formali o la sigla formale di un accordo», ha detto Morelli a riguardo.
L’esercizio, che a livello operativo ha visto un risultato salito del 3,3% a 323 milioni, è stato guastato dalla svalutazione per 1,2 miliardi di attività fiscali differite, ricalcolate al ribasso dopo che la Legge di stabilità ha reintrodotto aliquote fiscali più basse sui valori di recupero. I ricavi sono scesi del 2% a 3,22 miliardi, i costi del 2,6% a 2,29 miliardi, le rettifiche su crediti del 2,2% a 611 milioni. Margine di interesse (-13,9%) e commissioni (-4,8%) hanno sofferto «i vincoli del piano di ristrutturazione », in parte compensati dai proventi da negoziazioni che si gonfiano con la Borsa. L’azione Mps ha perso l’1,65%, contro un indice Stoxx banche Europa a +0,83%.
Il piano di tagli e vincoli commerciali imposto dall’Ue (e costato alla banca 900 milioni di oneri extra dal 2017), nel quadro di crescita zero del Pil italiano, ha fatto mancare «gli obiettivi reddituali previsti dal piano ». Lo si capiva da molti mesi, ma i conti 2019 lo sanciscono, facendo scattare l’impegno «ad una riduzione di costi operativi di 100 milioni di euro rispetto a quelli previsti nel piano ». Nuovi tagli, da fare entro il 2021 e che potrebbero colpire i 22 mila lavoratori rimasti.