Macigno sulla campagna elettorale. E l’ex sindaco: hanno sbagliato tutti

Picchi (Lega) accusa la Fondazione. Letta (Pd): tutelare lavoro e marchio

Aldo Tani

 

siena La reggenza pubblica non poteva durare per sempre. Tutti lo sapevano, eppure nessuno voleva pensarci. Oggi che però Banca Mps, o per lo meno una parte, è a un passo da diventare Unicredit, dalla Toscana a Roma si grida allo scandalo. Lo fa politica, come i sindacati, perché l’affondo dell’Ad Andrea Orcel a Siena ha creato il panico. A cambiare sono solo i colpevoli, a seconda di come si guardi la vicenda.

Il centrodestra, con il candidato alle elezioni suppletive, Tommaso Marrocchesi Marzi, ha scelto di scendere subito in piazza (Salimbeni, sede della banca) per lanciare strali a destra e manca. «La strada è quella dello spezzatino e noi siamo qui per dire no alla morte della banca che implica la morte della città e dell’intero territorio — ha detto l’imprenditore — Si sta facendo come la gatta frettolosa che fece i gattini ciechi. Non si prendono in considerazione le possibili ricadute in termini sociali e di occupazione nel nostro territorio». Al suo fianco Guglielmo Picchi, deputato della Lega, che ha riservato le sue invettive per Carlo Rossi, presidente della Fondazione Mps, «reo» di aver siglato l’accordo che ha spianato la strada alla trattativa: «Questa era una notizia annunciata una settimana prima da un infausto accordo (per le richieste stragiudiziali sugli aumenti di capitale, ndr ) che la Fondazione ha fatto con la banca sulla transazione da 150 milioni. La trattativa stava andando avanti per cifre molto più importanti ma è stato concluso un accordo velocemente dal presidente Rossi, non so se inconsapevolmente o in malafede, a una cifra irrilevante rispetto al totale».

Toni diversi per l’altro candidato sul ring delle suppletive, il segretario nazionale del Pd Enrico Letta. «Quella di Mps è una situazione molto complessa che deve essere affrontata dalle istituzioni e dai partiti con serietà e non con vuoti proclami. Il Pd, e io personalmente che del Partito nazionale sono segretario e che mi candido a rappresentare questo territorio in Parlamento con massimo dell’impegno, si adopererà col governo su tre grandi priorità: tutela del lavoro, salvaguardia del marchio, unità del gruppo».

Chi ne ha un po’ per tutti è l’ex sindaco Pierluigi Piccini: «Dalle notizie uscite mi sembra che ci sia tutto, tranne che lo spazio per Siena. La vicenda non è stata gestita politicamente. Hanno sbagliato il presidente della Regione, il sindaco De Mossi e anche la Fondazione, che ha concluso un buon accordo, tuttavia privo della componente sociale». Le ricadute sociali sono invece messe al primo punto dai sindacati, che ieri hanno incontrato l’Ad del Monte Guido Bastianini. «Purtroppo non ci ha saputo dare risposte — dice Federico Di Marcello della Fisac Cgil — Per quanto ci riguarda è un pessimo accordo, perché si va verso quello che era assolutamente da evitare, lo spezzatino. Speriamo che il Governo tuteli il lavoro». Il senatore Pd Andrea Marcucci parla di un «incubo» da sventare, e sul fronte lavoro si concentrano anche il senatore Antonio Misiani e la segretaria regionale Simona Bonafè: «Riteniamo indispensabile che il governo discuta in Parlamento le ragioni dell’operazione e le prospettive della banca. Per quanto riguarda il Pd, elementi determinanti saranno la garanzia della massima tutela dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori; la salvaguardia del patrimonio di storia e radicamento territoriale rappresentato da Mps e dal suo marchio, evitando soluzioni di smembramento del gruppo». Nicola Danti, europarlamentare di Italia Viva, chiede l’immediato intervento del ministero delle Finanze: «L’ipotesi di fusione con Unicredit necessita di immediati chiarimenti da parte del ministro Franco».

Una delle poche voci fuori dal coro è di Maurizio Montigiani, vicepresidente dell’Associazione Buongoverno, che rappresenta i piccoli azionisti di Mps: «A mio avviso per i dipendenti non cambia poi molto (con 20 anni di anzianità non possono essere trasferiti, ndr ). Ora si dà l’allarme, ma la banca l’abbiamo persa nel 2012. Rocca Salimbeni? Ormai è un museo».

 

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