«È vergognoso che Matteo Salvini tenti in questo modo di appropriarsi della storia del Pci». La voce di Emanuele Macaluso si fa d’un tratto limpida, rocciosa, quasi volesse sospendere il tempo e le 96 primavere alle spalle, pur di difendere l’eredità del Partito comunista di cui è stato a lungo dirigente, da parlamentare e da direttore dell’Unità. Ora che di fronte alla storica sede del Pci in via delle Botteghe oscure, a Roma, aprirà una sua sede la Lega, Macaluso parla di «imbroglio, nient’altro».
Macaluso, dov’è l’imbroglio?
«La Lega non ha nulla a che fare, nemmeno lontanamente, con la storia di via delle Botteghe oscure. Salvini crede di potersi appropriare di un pezzo della tradizione politica italiana prendendo in affitto un palazzo in quella strada, ma per me sarà solo un bottegaio che ha comprato un negozio con la sua vetrina, come tanti altri ce ne sono in quella via».
Salvini sostiene invece che i valori del partito di Enrico Berlinguer siano stati raccolti dalla sua Lega. Una provocazione?
«Più che altro, è la dimostrazione che è un imbroglione. Berlinguer è stato un uomo della sinistra vera e profonda, che ha avuto un ruolo nella storia di questo paese. Lui con la sinistra non c’entra nulla. Si professa sovranista, mentre noi eravamo internazionalisti».
Eppure la Lega ha grande consenso nel mondo operaio, sostengono i leghisti, proprio come il Pci. E da anni si trovano a vincere spesso le elezioni nelle vecchie Stalingrado d’Italia.
«Non c’entra nulla il popolo di riferimento con i valori di un partito. La Lega, poi, ha sempre avuto una fascia di consenso tra gli operai, ma ce l’aveva da avversaria del Pci. Ci siamo combattuti a lungo. Ha poca memoria Salvini».Anche Massimo D’Alema provò a portare la Lega a sinistra.
«E infatti, guardi un po’ come si concluse quell’esperimento. C’è stato un momento in cui Bossi cercava di differenziarsi e di avere qualche spunto di sinistra, ma lui, Salvini, ha fatto della Lega una forza di estrema destra».
Passa mai davanti alla vecchia sede del partito?
«Quando sono a Roma, spesso mi capita di passarci davanti. Alla nostalgia ci si abitua con gli anni, ma quel che provo vedendo quella porta chiusa è un sentimento diverso: è nostalgia politica. Perché mi ritrovo a pensare a cosa ha significato, quel palazzo, non solo per la sinistra e il Pci, ma per l’intero Paese. E so quale ruolo il Pci sia riuscito a costruire per l’Italia, in certe fasi della sua storia, anche nei rapporti internazionali».
Quella tradizione, oggi, non la rivede in nessun partito?
«A questo punto, credo sia qualcosa di irripetibile».
Ci sarebbe il Pd.
«Che però ha dentro ex cattolici, ex centristi, ex comunisti. E gli manca ancora qualcosa».
Cosa?
«Per diventare un partito come lo era il Pci, dovrebbe prima sciogliere alcuni nodi, primo tra i quali decidere se è una vera forza democratica di sinistra o meno. I giochini visti negli ultimi anni non possono più andar bene».
Il tentativo di portare il Movimento nel campo progressista può funzionare?
«Il Movimento 5 stelle è un guazzabuglio di persone di destra, come Luigi Di Maio, e persone di sinistra, come Roberto Fico. Questo infantilismo e il voler essere amorfi è anche il motivo della loro crisi di consenso, ora che sono al governo. Fino a quando non risolveranno le loro contraddizioni, anche attraverso una scissione, non potranno esprimere una politica unitaria apprezzata da altri partiti, di sinistra o di destra che siano».