Ora Di Maio si trova invischiato in un duello a colpi di sanatorie con l’alleato Salvini. Ma un giorno disse…
Se in politica le parole avessero un senso, Luigi Di Maio avrebbe già cambiato partito. Parole sue: “Cercate una mia proposta di legge di condono che riguarda Ischia o qualche altra Regione: se la trovate mi iscrivo al Pd”. Era il 23 agosto del 2017, e in un video su Facebook il leader del Movimento 5 stelle diceva questo e altro. “Non ne posso più”, chiosava, “della superiorità morale di una certa sinistra e di una certa destra che con le leggi fanno le peggiori schifezze e poi vogliono insegnare a noi tutti come si deve fare politica in questo Paese…”.
Com’è noto, però, raramente in politica le parole hanno un senso che va oltre la propaganda. Altrimenti non soltanto dopo il condono per Ischia infilato nel decreto Genova il vicepremier Di Maio avrebbe dovuto chiedere la tessera del Pd a Maurizio Martina. Ma neppure sarebbe andato a Porta a Porta, dov’è ormai ospite fisso, a denunciare lì, anziché nelle sedi istituzionali competenti, una sordida manipolazione del decreto fiscale dove con il condono è comparsa la non punibilità per reati gravissimi. Per il semplice fatto che appena un anno fa esponenti del suo partito, in commissione di vigilanza Rai, avevano chiesto la chiusura del programma di Bruno Vespa (Ansa, 24 maggio 2017).
Di sicuro, poi, se i valori sempre professati dal Movimento 5 stelle fossero stati rispettati, mai e poi mai avremmo assistito a scene madri come quelle di questi giorni. Ricordate? “Gli evasori ringraziano per un condono, l’ottantunesimo dall’Unità d’Italia, che rappresenta l’ennesimo sfregio ai contribuenti onesti…”: così il blog grillino inondava di fiele la sanatoria per i capitali all’estero del governo di Matteo Renzi, nota con l’acronimo inglese di voluntary disclosure.
Forse Di Maio si illudeva che chiamarlo “pace fiscale” invece che con il suo nome fosse una foglia di fico sufficiente, accorgendosi però troppo tardi che non avrebbe potuto giustificare al suo elettorato di bocca meno buona una sanatoria come quella sottoscritta in Consiglio dei ministri. Così ora si trova invischiato in una battaglia a colpi di condoni con il socio di governo Matteo Salvini. Il quale però non è nato ieri: il suo partito ha attraversato da protagonista tutta l’epoca d’oro delle sanatorie, e sa bene come difendere il condono fiscale. Ovvero, minacciando di colpire il condono edilizio caro all’alleato a Cinque stelle. Quello, appunto, di Ischia. I leghisti hanno già pronta una salva di emendamenti per affossarlo. Per la serie: chi di condono ferisce, di condono perisce.
Un duello all’Ok Corral dai risvolti grotteschi, indegno per un grande Paese democratico quale dovrebbe essere il nostro. Con un presidente del Consiglio che ha tentato di uscire dal ruolo di comparsa offrendosi come mediatore per la riscrittura di un testo letto e riletto, già approvato per essere mandato al Quirinale e poi strappato precipitosamente al fattorino prima della consegna. Fra insulti, minacce e provocazioni. Il tutto mentre il premier Giuseppe Conte, a Bruxelles, era impegnato a difendere dalle critiche feroci dei partner europei sempre più allibiti e increduli una manovra già indifendibile, e ora perfino inquinata da misteriose manine che la rimpinzerebbero di qualunque schifezza all’insaputa sua e dei due azionisti del governo.
Proprio l’ideale per rafforzare la nostra affidabilità sui mercati. Dove devono aver capito che la storia della manina non regge, come non ha mai retto. La riscrittura del condono, preceduta dall’ennesimo estenuante vertice di maggioranza, un rituale mutuato dalle tanto deprecate prima e seconda Repubblica, sarà quindi soltanto l’ultimo penoso tentativo in ordine di tempo di mettere una toppa all’immagine esterna della crepa. Con il rischio però di compromettere ancora di più quella del governo italiano agli occhi del consesso europeo.
E a riprova che quella sui condoni non è altro che una guerra di posizione ci sono i fatti concreti. Qualche esempio? Mentre Salvini minaccia di far saltare l’indecente sanatoria di Ischia, ma guarda caso soltanto dopo che Di Maio ha minacciato di far saltare le parti più maleodoranti della sanatoria fiscale, ecco spuntare nel decreto Genova un articolo, il 39 bis, che estende la sanatoria di Ischia alle zone terremotate dell’Italia centrale: con un emendamento sottoscritto di comune accordo fra Lega e Movimento 5 stelle. Per non parlare della norma, contenuta nello stesso decreto Genova, con cui si autorizzano a sversare idrocarburi sui terreni agricoli, che dopo le proteste degli ambientalisti avevano promesso di cambiare. Ma anziché cambiarla, ieri è stata arricchita: oltre agli idrocarburi, rivelano i Verdi, si potranno sversare anche policlorodibenzodiossine, policlorobifenili, berillio, toluene, selenio… Anche qui, con un emendamento firmato congiuntamente, neanche a dirlo, dai relatori di Lega e Cinque Stelle.
Com’è noto, però, raramente in politica le parole hanno un senso che va oltre la propaganda. Altrimenti non soltanto dopo il condono per Ischia infilato nel decreto Genova il vicepremier Di Maio avrebbe dovuto chiedere la tessera del Pd a Maurizio Martina. Ma neppure sarebbe andato a Porta a Porta, dov’è ormai ospite fisso, a denunciare lì, anziché nelle sedi istituzionali competenti, una sordida manipolazione del decreto fiscale dove con il condono è comparsa la non punibilità per reati gravissimi. Per il semplice fatto che appena un anno fa esponenti del suo partito, in commissione di vigilanza Rai, avevano chiesto la chiusura del programma di Bruno Vespa (Ansa, 24 maggio 2017).
Di sicuro, poi, se i valori sempre professati dal Movimento 5 stelle fossero stati rispettati, mai e poi mai avremmo assistito a scene madri come quelle di questi giorni. Ricordate? “Gli evasori ringraziano per un condono, l’ottantunesimo dall’Unità d’Italia, che rappresenta l’ennesimo sfregio ai contribuenti onesti…”: così il blog grillino inondava di fiele la sanatoria per i capitali all’estero del governo di Matteo Renzi, nota con l’acronimo inglese di voluntary disclosure.
Forse Di Maio si illudeva che chiamarlo “pace fiscale” invece che con il suo nome fosse una foglia di fico sufficiente, accorgendosi però troppo tardi che non avrebbe potuto giustificare al suo elettorato di bocca meno buona una sanatoria come quella sottoscritta in Consiglio dei ministri. Così ora si trova invischiato in una battaglia a colpi di condoni con il socio di governo Matteo Salvini. Il quale però non è nato ieri: il suo partito ha attraversato da protagonista tutta l’epoca d’oro delle sanatorie, e sa bene come difendere il condono fiscale. Ovvero, minacciando di colpire il condono edilizio caro all’alleato a Cinque stelle. Quello, appunto, di Ischia. I leghisti hanno già pronta una salva di emendamenti per affossarlo. Per la serie: chi di condono ferisce, di condono perisce.
Un duello all’Ok Corral dai risvolti grotteschi, indegno per un grande Paese democratico quale dovrebbe essere il nostro. Con un presidente del Consiglio che ha tentato di uscire dal ruolo di comparsa offrendosi come mediatore per la riscrittura di un testo letto e riletto, già approvato per essere mandato al Quirinale e poi strappato precipitosamente al fattorino prima della consegna. Fra insulti, minacce e provocazioni. Il tutto mentre il premier Giuseppe Conte, a Bruxelles, era impegnato a difendere dalle critiche feroci dei partner europei sempre più allibiti e increduli una manovra già indifendibile, e ora perfino inquinata da misteriose manine che la rimpinzerebbero di qualunque schifezza all’insaputa sua e dei due azionisti del governo.
Proprio l’ideale per rafforzare la nostra affidabilità sui mercati. Dove devono aver capito che la storia della manina non regge, come non ha mai retto. La riscrittura del condono, preceduta dall’ennesimo estenuante vertice di maggioranza, un rituale mutuato dalle tanto deprecate prima e seconda Repubblica, sarà quindi soltanto l’ultimo penoso tentativo in ordine di tempo di mettere una toppa all’immagine esterna della crepa. Con il rischio però di compromettere ancora di più quella del governo italiano agli occhi del consesso europeo.
E a riprova che quella sui condoni non è altro che una guerra di posizione ci sono i fatti concreti. Qualche esempio? Mentre Salvini minaccia di far saltare l’indecente sanatoria di Ischia, ma guarda caso soltanto dopo che Di Maio ha minacciato di far saltare le parti più maleodoranti della sanatoria fiscale, ecco spuntare nel decreto Genova un articolo, il 39 bis, che estende la sanatoria di Ischia alle zone terremotate dell’Italia centrale: con un emendamento sottoscritto di comune accordo fra Lega e Movimento 5 stelle. Per non parlare della norma, contenuta nello stesso decreto Genova, con cui si autorizzano a sversare idrocarburi sui terreni agricoli, che dopo le proteste degli ambientalisti avevano promesso di cambiare. Ma anziché cambiarla, ieri è stata arricchita: oltre agli idrocarburi, rivelano i Verdi, si potranno sversare anche policlorodibenzodiossine, policlorobifenili, berillio, toluene, selenio… Anche qui, con un emendamento firmato congiuntamente, neanche a dirlo, dai relatori di Lega e Cinque Stelle.