L’ombra dei grattacieli su Alexanderplatz

Stravolto il simbolo della vecchia Berlino Est. La capitale tedesca ha bisogno di spazi: sulla piazza già in costruzione la prima di sette torri

Alexanderplatz, Auf Wiedersehen, cantava Battiato. Saluti, arrivederci, o più precisamente addio. Scordiamoci la piazza simbolo di Berlino, così come la conosciamo. La capitale tedesca si arrampica verso l’alto, spremuta dalla frenesia di costruire e dal bisogno di spazi. Nel giro di qualche anno, il paesaggio attorno alla Torre della televisione in Alexanderplatz, l’ex vetrina dell’architettura socialista e del comunismo sovietico, cambierà completamente volto.

Alle spalle della Fernsehturm arriveranno sette grattacieli di lusso, che gareggeranno con il «grande asparago», costruito nel 1969 e dall’89 dominatore indisturbato della città.

Si stravolge lo skyline, ma per i berlinesi abituati a guardare al futuro non è un grande problema se la cartolina dell’ex Ddr sarà solo un ricordo. La commissione edilizia del Senato ha dato il via libera. Una della torri è già in costruzione: la più imponente, un gigante di 150 metri di altezza, sarà completato nel 2024. E ironia della sorte, l’investitore di questo grattacielo di Alexanderplatz è un russo, il gruppo MonArch, uno dei più grandi costruttori del Paese. Che infatti ha deciso di intitolare la torre ad Alessandro I, lo zar che nel 1805 visitò Berlino e da cui la piazza prende il nome. Il cantiere della «Alexander capital tower» – così si chiamerà la torre – è iniziato lo scorso autunno: negozi, uffici, più 370 appartamenti sopraelevati, a partire da 35 metri da terra, alloggi da 30 a 250 metri quadri, con sbocco ad una terrazza mozzafiato sul tetto, fruibile da cittadinanza e turisti, come chiede l’amministrazione. Sarà l’edificio più alto di Berlino dopo la Torre della televisione, il primo grattacielo costruito lì a 27 anni dal progetto dell’architetto Hans Kollhoff, vincitore di un concorso di idee cinque anni dopo la caduta del Muro, per edificare 13 torri, tutte alte come quella nuova che spunterà.

«The only way is up», l’unica strada è salire, è lo slogan di Berlino dall’inizio del 2020, quando l’amministrazione ha stilato un protocollo per dare il via libera a nuovi grattacieli. Cancellare la memoria dei muri non fa paura ai berlinesi, tutt’altro. Regula Lüscher, la senatrice a capo del settore Urbanistica della capitale, spiega la filosofia senza timori: «Alexanderplatz non è solo una delle piazze più frequentate di Berlino, ma anche una delle più colorate e vivaci. La costruzione dei grattacieli, soprattutto quando diventeranno multifunzionali, darà a questo luogo una nuova silhouette e gli conferirà un nuovo accento urbano», dice a La Stampa. E la Storia, il «genius loci», il tratto distintivo di un luogo? Resta sui libri, semmai. «La piazza non perde il suo carisma – aggiunge -. Al contrario, i grattacieli donano un rinnovato valore per cittadini e turisti».

Entro sei anni, la torre di Alessandro non sarà sola. E’ già stato concesso il permesso di edificazione ai francesi di Covivio, che stanno scavando per tirare su un grattacielo di 130 metri al fianco del Park Inn, l’hotel a quattro stelle che nella Ddr accoglieva le delegazioni degli Stati del Patto di Varsavia. Porterà la firma degli architetti Saubruch e Hutton, autori tra il resto, in Italia, del museo multimediale di Venezia-Mestre: avrà all’interno alloggi, ristoranti e anche un asilo nido. Quanto ai prezzi, basti fare un confronto: un appartamento di 77 metri quadrati al 17 ° piano del mini-grattacielo Grandaire, inaugurato l’anno scorso in Alexanderplatz e alto 65 metri, costa 1,15 milioni di euro, fino a 15.000 euro al metro quadro. Ma a voler occupare con immobili di lusso il centro di Berlino c’è anche Signa, il colosso austriaco dei centri commerciali: per appartamenti da sogno, promette di non chiudere quattro punti vendita e non licenziarne i dipendenti di altri supermercati. Licenze preliminari e progetto di massima anche per gli altri grattacieli della piazza.

Berlino, però, non è certo l’unica città ad aver trasformato il passato. Un altro esempio è Budapest: nella zona «Osztapenko», simbolo del sacrificio di un ufficiale dell’Armata rossa ucciso durante l’assedio della città, oggi sorgono un McDonald’s e un complesso commerciale con uffici moderni. O ancora, a Varsavia, l’area vicino al Palazzo della Cultura, donato alla Polonia dall’Unione Sovietica, ospita il palazzo della Borsa, il salone Ferrari e Sotheby’s. La Storia cambia anche così, mattone dopo mattone.

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