Lo sbruffone e la bambina

Il duello tra Trump e Greta
di Michele Serra
L’omone
di potere, soddisfatto di sé, e la bambina ombrosa, mai sorridente, che denuncia la crisi ambientale e la rinfaccia agli adulti. Piccolo perfetto riassunto, a Davos, del doppio malessere del mondo, la superficialità scandalosa di Trump, il broncio tragico di Greta.
A nessuno dei due daremmo il Nobel della Verità.
Entrambi sono semplificatori. Entrambi sottovalutano l’enorme complicazione del mondo, e delle relazioni tra comportamenti umani e biosfera.
Ma uno ha passato i settanta e parla a nome del Potere (soprattutto del suo), l’altra ne ha diciassette e rappresenta solamente se stessa, la sua fragilità sindromica, la sua ipersensibilità. È così dispari, il punto di partenza, che è impossibile non sentirsi dalla parte di Greta, e contro il presidente degli Stati Uniti d’America e tutto ciò che dice così male, ma incarna così bene.
Entrambi, sebbene per scopi radicalmente diversi, sono propagandisti e non scienziati. Ma il problema è che il primo pretende (oscena pretesa) di incarnare “l’ottimismo”, per il solo fatto che ha la pancia piena e rappresenta un Paese con la pancia piena. E scarica sulle esili spalle della seconda “il pessimismo”.
Chiama gli ambientalisti «profeti di sventura».
Interpreta perfettamente — lui, l’uomo più potente del mondo, dunque la persona con più responsabilità al mondo — lo sghignazzo facilone di un’umanità sciocca e incosciente, schiacciata sul presente: i suoi elettori. Lui è l’uomo del presente: del futuro, a ben vedere, che cosa può importare a un uomo che ha già vissuto, anno più anno meno, i quattro quinti della sua vita, e consumato da solo quanto mezza Lapponia?
Greta dice di vedere il futuro: che, detto non tra parentesi, è il futuro suo e dei suoi coetanei, non quello di Donald Trump. Non lo vede sano, non lo vede sicuro, non lo vede fertile, non lo vede “ottimista”. Si usa dire, in questi casi, “non fare la Cassandra”. È una maniera appena più elegante di dire “sei una menagramo”. Sarebbe perfino comprensibile, questa presa di distanze dai «profeti di sventura», non fosse che per un dettaglio ineludibile. Cassandra predisse il vero: la distruzione di Troia. Un eventuale Trump suo coevo, prendendola in giro e attribuendo le sue visioni al cattivo umore, sarebbe uscito sconfitto dalla realtà delle cose, perché Troia non sopravvisse agli eventi.
Cassandra, che fu alla lettera profeta di sventura, aveva visto chiaro.
È del tutto ovvio augurarsi che il cattivo umore di Greta sia “esagerato”, che abbia una funzione preziosa di denuncia, di divulgazione di una sensibilità, ma per ottenere i suoi scopi drammatizzi all’eccesso i rischi che corre non tanto il Pianeta (che ci sopravvivrebbe comunque, e molto allegramente), ma l’umanità. Ma è totalmente inaccettabile che il negazionismo climatico e ambientale, del quale Trump è capofila mondiale, giochi la carta facile, spudorata e sciocca dei «profeti di sventura», degli ambientalisti menagramo, di Greta giovane femmina “isterica” (tal quale Cassandra) che legge nel futuro solamente lutto e distruzione.
La scienza (non la cattiva coscienza, o la superstizione, o il cattivo umore) ha fornito tonnellate di dati sulla catastrofica influenza delle attività umane sul clima, sugli equilibri naturali, sui margini di tolleranza che la Terra può ancora concedere alla meravigliosa bestia (noi) che l’ha colonizzata. «Voi non ascoltate la scienza», dice Greta. Non dice “voi non ascoltate me”. Alla ragazzina svedese possiamo dunque concedere qualcosa di più di quanto quelli come Trump si illudono di poterle concedere — ovvero un fastidioso cattivo umore, meritevole al massimo di un buffetto. Possiamo concederle di avere, per la scienza, a diciassette anni, molta più considerazione, molto più rispetto di quanti è disposto a concederne il presidente degli Stati Uniti. La scienza, a conti fatti, non dà ragione al vecchio Trump. Dà ragione alla ragazzina.
Dobbiamo valutare bene questo momento. Se ha ragione Donald Trump, il futuro è solo lo schiavo del presente: si adeguerà ai quintali pro capite di hamburger, e di carbone per il barbecue, che il gagliardo popolo dei viventi, specie se americani, pretende di avere a disposizione. Se ha ragione Greta, il futuro è il solo vero padrone del presente, e ci presenterà molto presto il conto delle nostre scelte e dei nostri comportamenti.
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