di Massimo Franco
Tenere il governo al riparo dello scontro in atto nel centrodestra e tra i grillini non sarà facile. Il modo in cui l’opposizione di Giorgia Meloni sta affrontando i rapporti con gli alleati non prevede tregue né compromessi. Semmai, al contrario, una radicalizzazione dei contrasti con Lega e Forza Italia, accusate di perseguire una politica che tradirebbe la visione e la cultura politica del loro schieramento. Si tratta di una strategia con evidenti connotati elettorali. Per questo va oltre le decisioni di Palazzo Chigi sulle proroghe agli stabilimenti balneari, o su quelle che prenderà in materia di bollette.
Il tema è la permanenza del resto del centrodestra in un governo del quale fanno parte anche Movimento Cinque Stelle e Pd; e dunque i riflessi che questa divergenza crescente può avere sulle alleanze locali e sulla leadership. La sospensione del Consiglio dei ministri di ieri pomeriggio per concordare un testo tra le forze di maggioranza è l’eco immediata dello scontro con la destra «esterna»; e non sarà l’ultima. Anche perché la lacerazione tocca perfino la rielezione di Sergio Mattarella, che FdI non ha votato al contrario della Lega di Matteo Salvini e FI di Silvio Berlusconi.
Anche di questo, adesso, Meloni sembra chiedere conto. L’altalena che dà comunque il suo partito in leggera crescita nei sondaggi la incoraggia a perseguire questa linea. L’isolamento e la solitudine, almeno a breve termine, sembrano pagare. È chiaro che molto dipenderà da quanto il governo guidato da Mario Draghi riuscirà a ottenere dalla propria maggioranza. Il successo della campagna sulle vaccinazioni ha in buona misura delegittimato chi, soprattutto a destra, continua a criticare il green pass dopo avere civettato con i cosiddetti «no vax».
Ma rimane la prateria di un malcontento che la lievitazione dei costi dell’energia, la disoccupazione e l’incertezza economica alimentano. Su questo l’opposizione punta le sue carte, presentandosi come paladina di un’Italia impoverita e spaventata. L’esecutivo diventa il bersaglio naturale di questo populismo d’opposizione che scavalca e sovrasta quello della Lega e dei Cinque Stelle, pure inclini a creare problemi a Draghi con l’ex premier Giuseppe Conte.
Salvini è costretto a ripetere quasi ogni giorno la ragione per la quale rimane in una coalizione di unità nazionale. Ma se Meloni può mettere in imbarazzo la Lega e mordere un grillismo che oscilla tra appoggio e sabotaggio nei confronti di Palazzo Chigi, si deve all’identità ibrida che i due populismi del 2018 offrono: in parte governativa, in parte orfana di una demagogia dura a morire. Senza una revisione dei loro riferimenti, saranno vittime e complici dell’offensiva altrui. Con rischi crescenti di instabilità.