La Nota
di Massimo Franco
All’esterno affiora ancora poco. Ma dentro il Movimento 5 Stelle sta montando lo scontento nei confronti di Giuseppe Conte. Produce un nervosismo parallelo a quello emerso subito dopo il voto nella Lega. I due populismi perdenti sembrano tentati di scaricare la propria instabilità su Palazzo Chigi. In realtà, riflettono in primo luogo la precarietà improvvisa dei loro leader. E, dal modo in cui il capo del Carroccio ieri ha ribadito di non pensare né a crisi di governo né a smarcamenti dalla maggioranza, diventa chiaro che le frustrazioni simmetriche di leghisti e grillini sono destinate a rimanere senza sbocco. Le critiche salviniane alla controversa riforma del Catasto sono insistite. Ma si dimostrano per l’ennesima volta soprattutto una bandiera elettorale a futura memoria; e un modo per ribadire il proprio potere su un’ala «governista» che sempre meno sottovoce critica l’ambiguità nei confronti di Mario Draghi. Lo scontro è tra chi ritiene che smarcarsi dal premier sia un modo per recuperare consensi; e chi invece pensa che la sconfitta alle Amministrative nasca proprio da un sostegno all’esecutivo troppo intermittente. Tra i grillini i malumori sono simili, sebbene più obliqui. Si indovina un Conte sempre più accerchiato. Ma con pochi attacchi diretti, perché è stato scelto appena due mesi fa. Gli si imputa non solo il magro risultato nelle grandi città, del quale l’ex premier grillino può essere accusato solo in parte. Il tema, più di fondo, riguarda la strategia per la sopravvivenza del Movimento; e le scelte, finora solo annunciate, per riplasmare il vertice del M5S. La pressione sull’ex premier è a mettere insieme rapidamente una squadra. Conte aveva chiesto tempo per affrontare prima il voto, convinto che la sua nostalgia di palazzo Chigi fosse condivisa da molti elettori. Il crollo nelle urne lo restituisce invece indebolito: proprio come Salvini sul versante opposto. E ora il timore che si percepisce è di altre spaccature. Ogni tribù grillina si aspetta di essere premiata con dei posti nella struttura in embrione: troppo pochi rispetto alle attese. E questo alimenta manovre che fanno prevedere nuovi strappi nel gruppo parlamentare: una dinamica centrifuga che un Conte sconfitto non può controllare. Il «nuovo corso» nasce insomma compromesso. Beppe Grillo ricomincia con i soliti tweet sarcastici. E i ringraziamenti suoi e del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, alla sindaca sconfitta Virginia Raggi non solo sottolineano la solidarietà alla grillina che ha racimolato qualcosa nel disastro generale. Marcano anche le distanze da Conte e dall’asse col Pd. L’immagine di Raggi che ieri prende un caffè col candidato del centrodestra, Enrico Michetti, ripropone la spregiudicatezza del M5S e inserisce una punta di incertezza sul ballottaggio a Roma. Ma è lo specchio di un populismo senza bussola, non una minaccia per il governo Draghi.