Le amnesie leghiste L’economia grande assente.

di Dario Di Vico

L’ economia è rimasta fuori da Pontida. I tanti che si sono avvicendati sul palco hanno preferito glissare. Il rallentamento della congiuntura, l’eventualità di una manovra correttiva, le modalità attuative della flat tax, le scelte in materia di mercato del lavoro, ieri non hanno trovato campo. E così le domande che il Partito del Pil va rivolgendo in questi giorni — e con una certa premura — al governo sono rimaste inevase. La verità è che Matteo Salvini ha saputo attrarre sia i consensi dei vincitori della globalizzazione (le imprese che esportano) sia dei perdenti (i Piccoli che hanno chiuso) ma è come se in questa fase avesse scelto come interlocutrici solo le ansie del Paese e non le ambizioni. Per fare il pieno nei sondaggi, direte, e per sfruttare fino in fondo il dossier immigrazione. Peccato però che Pontida sia soprattutto Nord ovvero una delle aree forti del Continente che ha bisogno di messaggi chiari di politica economica e industriale. Si parla sempre della velocità della finanza ma anche l’economia reale ha il suo movimento e, se la politica è assente, sono i flussi di uomini e merci a ridisegnare d’imperio i territori. Non certo le sagre paesane. Ed è nelle risposte da dare al Nord che emerge oggi la maggiore lacuna della proposta leghista e della Pontida ‘18, una lacuna che non può essere riempita dai Siri, i Borghi, i Bagnai. Mutatis mutandis Salvini avrebbe bisogno di un nuovo Tremonti capace di tenere assieme le ansie e le ambizioni di questa stagione, ma non c’è. Di conseguenza i provvedimenti che gli amministratori leghisti hanno rivendicato dal palco con orgoglio attengono quasi esclusivamente a temi identitari e securitari. La legittima difesa, il no alle manifestazioni Lgbt, l’abbattimento di una torre occupata. Come se si fossero trasformati tutti in presidi territoriali del ministero dell’Interno. Ma le regioni del Nord hanno bisogno di un’agenda assai più larga e magari di un coordinamento visto che di fronte ai mutamenti dell’economia reale i confini amministrativi appaiono anacronistici. Fa eccezione in questa descrizione Luca Zaia: lui un’idea ce l’ha e si chiama autonomia del Veneto. Ieri il governatore nordestino appena salito sul palco ha voluto che sventolasse il gonfalone di S.Marco. A buon intenditor poche parole. Ma come si tengono assieme l’autonomia fiscale, la flat tax e il consenso che Salvini ha mietuto a piene mani nelle regioni meridionali? Quale che sia la risposta ieri Pontida non voleva ascoltare nemmeno la domanda.

P.s. Il neo-ministro Erika Stefani ha sostenuto che gli avversari della Lega «hanno distrutto il sistema bancario veneto, hanno distrutto le banche serie». Si riferiva per caso alla serietà di Popolare di Vicenza e Veneto Banca?