L’assist del premier a Conte nel giorno dell’incoronazione

Più che una conferenza stampa vera e propria, quella di ieri del presidente del consiglio è stata una piccola cerimonia di saluti prima dell’interruzione agostana. Mario Draghi ne ha approfittato per dire che le cose in economia vanno bene e che in futuro potrebbero andare meglio se proseguono le vaccinazioni e si rispettano le regole. Poi ha accettato solo tre domande. Che ha utilizzato per mandare un messaggio alla sua maggioranza, sottolineando retoricamente l’unità non solo di intenti ma anche di prospettive tra esecutivo e partiti che lo sostengono. «Non ci sono lati oscuri o chiari – ha detto Draghi – L’unica cosa che conta sono i risultati, i partiti guardano quelli, come facciamo tutti noi. Non è che hanno in mente obiettivi diversi. Sembra strano ma lavorano anche loro per il bene degli italiani, non esiste una contrapposizione di fini tra il governo, il presidente del consiglio e i partiti. Si lavora tutti insieme. Il governo vive perché c’è il parlamento che lo fa vivere. L’orizzonte è nelle mani del parlamento. Io non posso esprimere visioni o fare previsioni. Sono qui, sono stato chiamato per fare questo. Poi vedremo».

IL PREMIER SA benissimo che la relazione tra forze politiche e governo è meno lineare di come voglia far credere. Sa che pesano molte variabili di tattica e strategia e sa anche che quello che la stabilità interna del Movimento 5 Stelle, che nonostante espulsioni e abbandoni di parlamentari resta l’azionista principale della sua maggioranza, è una delle incognite principali della tenuta del governo. Per questo, di fronte alla domanda che proprio sul finire dell’incontro coi giornalisti tirava in ballo la questione del reddito di cittadinanza, cioè il tema identitario per eccellenza del M5S, ha utilizzato poche parole per dare un assist a Giuseppe Conte, il nuovo leader che proprio quest’oggi si insedia ufficialmente al termine della maratona del voto digitale cominciata all’inizio di questa settimana con l’approvazione del nuovo statuto. Conte parla di reddito di cittadinanza, della necessità di accettarne laicamente migliorie ma di preservarne l’impianto, fin da quando ha intrapreso la difficile opera di mediazione per conto del M5S sulla riforma della giustizia. Ha spiegato chiaramente a Draghi che ha bisogno di portare a casa risultati concreti per tenere uniti i suoi e mostrare loro una prospettiva dentro questa maggioranza. Il premier e il suo predecessore, il cui rapporto è cordiale ma non privo di qualche difficoltà dovuta al fatto che Conte non ha mai digerito la sua cacciata da Palazzo Chigi, sono dunque costretti a darsi una mano a vicenda.

DA QUI LA FORMULA utilizzata da Draghi sul reddito di cittadinanza: «È troppo presto per dire se verrà ridisegnato, se verrà riformato, come cambierà la platea dei beneficiari», il che significa che il fantomatico «tagliando» alla legge non è escluso. «Vorrei dire è che il concetto alla base del reddito di cittadinanza io lo condivido in pieno», sottolinea ancora Draghi mandando un segnale a chi, come Lega e renziani, propongono soluzioni drastiche.

ADESSO CONTE può cominciare il suo mandato annunciando una convention per settembre e mostrando l’efficacia della sua azione all’interno della maggioranza, dopo mesi di quasi inconsistenza di un M5S in preda alle vicissitudini interne. Lancia frecciatine a Di Maio («Non dobbiamo lasciare la politica solo ai mestieranti, alla categoria dei soliti noti, la politica è di tutti, il Movimento cambierà volto, ci saranno tante nuove figure, capaci e competenti che daranno il loro contributo» dice al Corriere della sera a consultazione ancora in corso) e in compenso elogia i gruppi parlamentari, che ha incontrato nei giorni scorsi commissione per commissione in un giro di ascolto, sorpreso dalle «competenze» che vi ha trovato. Proprio confrontandosi con gli eletti, che vivono la condizione di chi sa che solo una minoranza di essi avrà ancora un seggio nella prossima legislatura, Conte ha spiegato che sulla legge elettorale la battaglia di bandiera è quella, consueta per il M5S, del proporzionale. Siccome difficilmente passerà, bisognerà confrontarsi in vista delle future alleanze elettorali. Il che significa polarizzazione contro il centrodestra ma al tempo stesso moderazione e rapporti, leali ma di concorrenza interna, con il Pd e il centrosinistra. Anche da questo doppio legame strategico arriva la singolare consonanza con Draghi di queste ore.

 

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