L’abisso, un mese dopo.

È trascorso un mese, dal crollo di Ponte Morandi. Gli occhi si sono abituati alla nuova visuale, la mente ancora no. Il 14 agosto è un taglio che spacca il modo di vivere dei genovesi. “Come in quel cortometraggio di Sean Penn, dove il crollo delle Torri Gemelle riportava la luce su una piantina che non l’aveva mai ricevuta, il pezzo di Ponte scomparso mi ha sgombrato la visuale. Vedo più mare, adesso. Ma ne farei volentieri a meno”, scrive Riccardo Gazzaniga.
L’inviato Massimo Calandri ci racconta come vive oggi la famiglia di Giorgio Donaggio: ad Andora abitano Luca, 21 anni, il fratello Matteo e mamma Enrica: “Abbiamo dovuto diventare grandi in fretta. Quello che chiediamo è un po’ di giustizia”, dicono.
Ma il decano degli sfollati del ponte Morandi è Giovanni Verma, classe 1923: “Ora tornerò nel quartiere”, promette a Matteo Pucciarelli l’anziano ex ferroviere che vive in Val Polcevera da prima che costruissero il gigante. All’improvviso è stato costretto a traslocare dal suo mondo. Ma per poco.