La tragedia greca non è ancora finita E l’Italia faccia attenzione per evitarla.

 

COMMENTI & ANALISI
Da ieri la Grecia, dopo otto anni, è fuori dalle procedure di salvataggio e di controllo della Troika. Si può dire che sia cessata del tutto l’austerity? No, anche perché il monitoraggio, sia pure a distanza, continuerà e perché la fase della convalescenza non sarà breve. Se si può respirare per alcuni progressi, a cominciare dalla crescita, ancorché debole, tuttavia i danni inferti all’economia e alla società da un’acritica, rigorosissima austerità non si riparano rapidamente. In ogni caso, la vicenda greca simboleggia e ammonisce in vario modo: con riguardo alle politiche e ai contraccolpi che un certo tipo di risanamento che disconosce completamente le ragioni del rilancio può causare, ai rapporti e alle decisioni da adottare nell’Unione e da parte degli organismi internazionali ( in primis il Fondo Monetario Internazionale) nonché alle relazioni di questi con la Bce, all’esperienza vissuta in corpore vili che da tutto ciò si trae per innovare nelle politiche di risanamento e di crescita. Fa parte di tale esperienza anche l’acquisita consapevolezza che si possono di certo manifestare, nei mercati, correnti speculative pure con l’obiettivo di un mutamento dei governi, ma, alla base, vi sono comunque sempre timori fondati, alimentati spesso da incertezze e da dichiarazioni avventate di esponenti politici, per lo squilibrio della finanza pubblica, fino a paventare rischi per la solvibilità dello Stato. Non esistono complotti; o, meglio, non possono esistere se lo Stato è solido, la politica economica e di finanza pubblica ben governata e i risparmiatori sono ben tutelati, le aspettative sono positive e sussiste la possibilità di intervento della Banca centrale contro la quale è assai difficile che si possano mettere gli operatori, ma che, come tante volte si è detto, può molto, ma non tutto. In questo senso, quella che è stata una vera tragedia greca, con sacrifici pesantissimi per la popolazione e la riduzione in povertà di ampie schiere di cittadini, e che ora è nel pieno della catarsi (come negli immortali poeti tragici ellenici) parla non solo alla Turchia di Erdogan, ma pure, senza che con ciò sussistano elementi di raffronto se non sotto il profilo dei rischi, all’Italia. L’articolo del Wall Street Journal in cui si sostiene che, dopo la fine dei piani di intervento in Grecia, la crisi dell’Eurozona non può considerarsi ancora chiusa per l’Italia e per il timore che poi l’euro non sia così stabile costituisce un’opinione chiaramente esagerata e debolmente motivata, probabilmente alimentata da dichiarazioni di esponenti di governo fuori luogo e che hanno di mira soprattutto effetti comunicazionali; si collega evidentemente sia ai progetti a opera di esponenti della maggioranza, poi in larga parte abbandonati, concernenti interventi sulla moneta unica; avrà pure presente l’atteggiamento dell’Esecutivo a proposito della concessione autostradale relativa al ponte di Genova. Che certa stampa internazionale non nutra grande simpatia per quel che sta accadendo in Italia è abbastanza chiaro. Ma da qui a continuare a ipotizzare strategie aprioristicamente promosse contro il nostro Paese ce ne passa e le risposte che vengono date da membri del governo che adombrano tali manovre non fanno che aggravare le incertezze e i sospetti che possono nutrire gli operatori a livello internazionale. Continuare a prospettare l’eventualità di ricatti o l’intento che si ricaverebbe, da parte dell’estero, di stroncare l’Italia costituisce un irrazionale boomerang. Alle valutazioni che vengono sviluppate in campo internazionale della condizione italiana sarebbe molto saggio fare replicare a personaggi che hanno una riconosciuta credibilità e autorevolezza come Paolo Savona e Giovanni Tria (o Enzo Moav e r o ) anche in ragione della loro competenza istituzionale. Insomma, si può dire che ogni risposta del tipo complottistico, variamente articolato, rappresenta un motivo per alimentare dubbi sulla tenuta della politica economica e di finanza pubblica. All’opposto, occorrerebbe un’azione efficace per chiarire dubbi e superare incertezze; non bastano i comunicati di Palazzo Chigi confezionati in fretta e furia mentre si allargano gli spread. È, invece, il momento di proseguire nel percorso intrapreso da Tria e da Savona fornendo più concreti elementi a proposito dei contenuti della prossima legge di stabilità e, prima ancora, di quella che probabilmente sarà una nuova versione del Def. Savona, su MF-Milano Finanza, ha chiarito efficacemente le componenti del suo progetto di 50 miliardi di investimenti pubblici, una larga parte del quale non peserebbe sul bilancio dello Stato: si tratterebbe di una scelta per nulla irrealistica. Questa è la strada della trasparenza che bisogna percorrere, anche da parte degli altri ministri e dell’esecutivo nella sua interezza. Occorre fare attenzione anche quando si affrontano argomenti che solo apparentemente sono distanti dalla manovra annuale, come nel caso dell’ipotizzata revoca della concessione autostradale ora in capo ad Autostrade, che, in un’ultima versione riportata dalle cronache (peraltro non confermata) sarebbe decisa per legge. I problemi che ne discenderebbero, anche in tema di costituzionalità e comunque di indennizzabilità, sarebbero non pochi: ma, soprattutto, si darebbe il segnale che rapporti, rispondenti a schemi privatistici, stipulati tra le parti sulla base di convenzioni, possono poi essere messi in forse dallo Stato con una propria legge. Ciò non significa che non bisogna andare fino in fondo nell’accertamento delle responsabilità e nel trarne rapidamente le conseguenze in termini di sanzioni, anche le maggiori possibili, fino alla revoca. Ma un esito del genere va perseguito muovendo da una posizione salda, che non sia giuridicamente e fattualmente controvertibile. Un tale rigore e la sua inattaccabilità lo si devono innanzitutto alle vittime di questa immane tragedia e a tutti coloro che hanno subìto danni, nonché alla città e all’Italia. E serve a dare l’esempio anche ai mercati del modo in cui un governo procede non solo in questa tragica vicenda, ma anche in generale. Altro che ipotizzare complotti e stimolare la sindrome di un inesistente accerchiamento: il classico modo per compattare una popolazione che dura, però, lo spazio di un mattino, e si dissolve allorché si constata che mancano poi i risultati concreti e, innanzitutto, quelli promessi.
MF – .