LA STRATEGIA DELL’EX PREMIER PER EVITARE LA DIASPORA.

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di Massimo Franco

Dopo l’assoluzione da parte della Corte di cassazione, è cominciata la campagna elettorale di Silvio Berlusconi. Non tanto, però, per vincere le elezioni regionali di fine maggio. Il suo obiettivo immediato è soprattutto non perdere pezzi di Forza Italia; e ristabilire un equilibrio politico nei confronti della Lega. Le due operazioni vanno di pari passo, perché il successo della seconda può aiutare anche la prima. L’ex premier sa che ci sono parlamentari spaventati dalla prospettiva di elezioni anticipate; e dunque pronti ad appoggiare in modo più o meno esplicito il governo di Matteo Renzi.
Si rende conto anche che la subalternità all’«altro Matteo», il Salvini capo del Carroccio, è mal digerita all’interno di FI. Il suo problema è che lo scontro interno sta non solo mettendo in discussione la sua leadership ma creando le premesse per una diaspora, se le Regionali dovessero andare male. Per questo ieri ha voluto incontrare per due ore Denis Verdini, l’uomo-cerniera con il premier Renzi nei mesi del patto del Nazareno; e oggi il capofila della fronda che vuole continuare a votare col Pd e la maggioranza di governo le riforme istituzionali, contro la linea del «no» dell’ex Cavaliere.
Dietro la lettera di dissenso dei diciassette deputati che hanno ubbidito a Berlusconi solo per disciplina c’è una manovra pronta a scattare di qui ad un paio di mesi, se non corregge la rotta. «Il vero patto del Nazareno era tra Renzi e Verdini», infieriscono gli ex alleati del Nuovo centrodestra, toccando un nervo ancora scoperto e doloroso. E non basta la parziale riabilitazione politica che senza dubbio Berlusconi ha ottenuto con l’assoluzione, a cancellare d’incanto una crisi di strategia e di identità che dura da mesi dentro FI.
Anzi, per paradosso la può mettere a nudo impietosamente proprio adesso, perché l’alibi di un capo frenato dalle sue vicende processuali è caduto. E qui emerge l’altra sfida che il centrodestra ha di fronte: il rapporto con una Lega spostata su posizioni di destra estrema. FI è obbligata ad assecondarla, soprattutto per mantenere il governo di regioni come Lombardia e Veneto. Ma sta pagando l’accordo con uno stravolgimento dei suoi connotati, e con una rivolta sempre meno silenziosa dentro il partito: tanto più dopo l’espulsione dal Carroccio del sindaco di Verona, Flavio Tosi.
L’asse col Carroccio potrebbe significare mantenere il controllo di gran parte del Nord a livello locale; ma anche perdere elettori a livello nazionale in direzione di un Pd renziano deciso a sfondare proprio nel vecchio blocco sociale moderato; e ritrovarsi un gruppo parlamentare deciso a non seguire più il muro contro muro nei confronti del governo. Forse per questo Berlusconi fa dire al capogruppo al Senato, Paolo Romani: «Oggi Renzi non ci convince, ma in politica mai dire mai…». È la conferma che dopo le Regionali potrebbero cam