di Danilo Taino
Instabile. Così, inaspettatamente, si è scoperta ieri sera la Germania. Il Paese che nello scorso decennio di crisi è stato l’àncora che ha permesso all’Europa di non andare alla deriva, il Paese dal quale fino a pochi giorni fa non ci si aspettavano sorprese ha votato: e ha messo sottosopra il sistema politico tradizionale, che in queste ore è in confusione. Soprattutto, ha sancito che anche nella Germania democratica post-bellica esiste una destra forte, per molti versi estrema, che raccoglie e dà voce agli arrabbiati.
Il maggiore vincitore delle elezioni è Alternative für Deutschland, il movimento nazionalista e anti-immigrati nato nel 2013 e cresciuto nella battaglia contro l’ondata di rifugiati arrivata in Europa nel 2015 e nel 2016.
Angela Merkel rimarrà cancelliera ma paga un prezzo elevatissimo: il peggior risultato della sua Unione Cdu-Csu dalle elezioni del 1949. Martin Schulz, il suo avversario socialdemocratico, guarda annichilito il disastro suo e della Spd, al minimo storico. I Liberali rientrano in Parlamento con un ottimo risultato. Anche i Verdi e la Linke guadagnano qualche decimale rispetto a quattro anni fa. Sono i due partiti storici, tradizionali, popolari, che nella legislatura che si è appena chiusa hanno governato assieme, a registrare un crollo: cristiano-democratici e socialdemocratici.
È il cambio di stagione nella politica della Germania: non è più esclusiva dei due giganti che l’hanno dominata per oltre sessant’anni, le rendite di posizione sono finite, la società sottostante è mobile e non premia più la fedeltà. Questo è un primo elemento della nuova instabilità, che si vedrà all’opera già nelle prossime settimane quando Merkel cercherà di mettere assieme una coalizione di governo, operazione difficile: non solo la Spd si è già tirata indietro, con le parole di Martin Schulz; anche i Liberali e i Verdi, unici partner alternativi possibili alla continuazione della Grande coalizione, stanno già alzando la posta. In più, l’eventuale governo tra Unione, Liberali e Verdi è apprezzato solo dal 23% degli elettori, dal 31% di quelli del partito della cancelliera. La seconda, e forse maggiore, forza di instabilità è la Alternative für Deutschland (AfD). Non solo perché il suo successo influenzerà la formazione di ogni alleanza (anche se nessuno degli altri partiti vuole allearsi con i nazionalisti).
Soprattutto perché al Bundestag, con quasi novanta parlamentari, sarà una presenza costante di opposizione, anche con alcuni deputati palesemente di tendenze di destra molto estrema, non lontani dai neonazisti. Per la maggioranza dei tedeschi, questa presenza massiccia, non marginale, è uno choc che non svanirà in poco tempo, che anzi potrebbe dare il segno all’intera prossima legislatura.
La democrazia tedesca è solida, tra le più solide del mondo e non corre pericoli. Il politologo Gero Neugebauer ritiene anzi che una forza come AfD, che è stata eletta democraticamente, è meglio che stia in Parlamento, dove è costretta a essere trasparente e a rendere conto di ciò che fa. Ciò nonostante, il voto ai nazionalisti è il segno che una parte del Paese vive un disagio che alle urne si esprime in arrabbiatura: gli emarginati che si sentono minacciati dagli immigrati nel lavoro, nella casa, nel salario sono coloro che hanno dato il loro consenso alla AfD, soprattutto nelle regioni dell’Est del Paese, ex socialismo reale. Tutti gli altri partiti cercheranno ora, dal governo o dall’opposizione, di recuperare quei voti. Fatto sta che, almeno per i prossimi quattro anni, la Germania non sarà quel Paese politicamente uber-stabile che ci eravamo abituati a conoscere. E che Angela Merkel non potrà continuare a governare senza cambiare nulla, non potrà solo guardare avanti ma anche analizzare quel che è successo nella legislatura appena finita.
Ciò che ha messo la Germania al centro dell’Europa e in un ruolo rilevante nel mondo non sono state solo la sua economia e la sua posizione geografica. Sono state anche, forse soprattutto, la sua stabilità sociale e politica e il ruolo di leadership svolto da Merkel. Bene: dopo le elezioni di ieri sono caratteristiche meno certe, non scomparse ma meno solide. Un risultato che ha creato un terremoto politico in Germania e che manderà onde non indifferenti in tutta Europa. È una Germania più «normale», con problemi simili ad altri. Un problema per tutti. L’àncora è meno forte.
- Lunedì 25 Settembre, 2017
- CORRIERE DELLA SERA
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