Genitori facoltosi “indirizzati” al plesso “per ricchi” in zona Acqua Traversa; episodi di bullismo denunciati e “ignorati”; mamme “sorprese dal clamore mediatico” per una “descrizione” che è solo “coerente con la realtà”. E una preside-psicologa asserragliata nel suo ufficio, che non risponde al telefono e sbraita contro i giornalisti che chiedono una parola, una dichiarazione. Ha fatto il giro d’Italia il caso, sollevato dal freepress Leggo, dell’Istituto comprensivo statale “Via Trionfale”, raggruppamento di scuole elementari e medie del quadrante nord di Roma, che sul suo sito internet distingueva per “fasce socio culturali” i quattro edifici scolastici che lo compongono. “Il plesso di via Assarotti – si leggeva sulla presentazione online, finché il ministero dell’Istruzione ieri non ne ha ottenuto la rimozione dopo la tempesta mediatica – nel cuore del quartiere popolare di Monte Mario, accoglie alunni di estrazione sociale medio-bassa” e conta “il maggior numero di alunni con cittadinanza non italiana”. La scuola di via Vallombrosa, a 3 chilometri, “accoglie prevalentemente alunni appartenenti a famiglie dell’alta borghesia, assieme ai figli dei lavoratori dipendenti occupati presso queste famiglie”, quindi, precisava il sito, “colf, badanti, autisti” e “simili”.Quest’ultima è su una collinetta nei pressi del parco dell’Insugherata, fra decine di villette eleganti, unico baluardo statale in mezzo a scuole private americane, francesi e cattoliche di un’area molto verde tra la via Camilluccia e la via Cassia. La riforma del 2011 ha portato l’ex Vallombrosa a “fondersi” con le altre tre scuole, con il rischio di chiudere per il calo degli iscritti. “Cercano di farsi pubblicità – spiegano al Fatto fonti del Municipio XV –. Devono rassicurare i ricchi di Acqua Traversa che lì i bambini non finiranno per mescolarsi con quelli di Monte Mario”. Un papà avvocato, che dice di abitare “a metà strada” fra i diversi plessi, conferma: “Quando io e mia moglie siamo andati all’open day – racconta – volevamo portare nostro figlio in via Assarotti, perché è più di passaggio. Hanno fatto di tutto per convincerci a iscriverlo alla Vallombrosa, dicendoci che in questo modo sarebbe stato ‘più seguito’”. “Non capisco di cosa vi stupiate”, ci dice una giovane mamma: “Questo è un quartiere benestante, l’altro è più popolare. La discriminazione la fanno i prezzi delle case, non la scuola”. “Che poi, i veri ricchi, i figli li portano alle scuole private”, interviene un’altra mamma.
“La presentazione è scritta molto male – ammette Claudio Rizza, genitore e noto giornalista parlamentare – ma dal punto di vista pratico non ho mai notato discriminazioni”. Affermazione confutata dall’attrice Francesca Stajano Sasson, che al Fatto racconta la sua esperienza “da incubo” alla ex Vallombrosa: “Qui, nella scuola dei presunti ricchi, mio figlio ha subito atti di bullismo per 5 anni – rivela – e ne porta ancora i segni. La preside ha sempre minimizzato, evitando il confronto e lasciandomi in balia di insegnanti che sembravano temere l’influenza dei genitori dei bulli. Anche altri bambini avevano lo stesso problema ma le mamme non denunciavano. Ci hanno lasciato da soli. È servito un mio atto plateale per mitigare una situazione che stava degenerando. Non hanno proprio nulla di cui vantarsi”.
Il caso è arrivato fino alla scrivania del ministro all’Istruzione, Lucia Azzolina, che in una nota ha chiesto “motivate ragioni di questa scelta” che “comunque non condivido”. Critiche anche dalla sindaca di Roma, Virginia Raggi. L’affondo è arrivato dal sottosegretario Giuseppe De Cristofaro: “Sconcertato, siamo nel 2020. Sto già intervenendo per richiedere l’immediata rimozione dal sito web”, avvenuta alcune ore dopo. La dirigente scolastica Annunziata Marciano, psicologa, si è barricata nel suo ufficio: “La preside non parla, ha detto che dovete andare via”, ci dice, imbarazzato, il portiere della scuola di via Trionfale. Sul web parole pesanti: “Classismo”, “razzismo” e perfino “apartheid”. A un certo punto, dalla sede centrale, esce una cuoca, che si sfoga: “È una vergogna, uno schifo, i bambini sono tutti uguali. Scrivetelo”.
Quello del “Via Trionfale” non è un caso isolato. Le riforme che hanno reso “autonomi” gli istituti, spingono i dirigenti scolastici a proporre vere e proprie campagne di iscrizione. Molti hanno scelto di puntare sul “prestigio”, anche in termini di ceto sociale. Qualche anno fa, il liceo classico Visconti di Roma, su una brochure assicurava che “le famiglie che scelgono il liceo sono di estrazione medio-alto borghese” e che “nessuno studente è diversamente abile”. In un’altra scuola elementare di Roma, la “G.G. Belli” del rione Prati, la presentazione parlava di “studenti di zone limitrofe e di quartieri più lontani spesso collegati al pendolarismo” ma che comunque “la realtà socio-culturale è caratterizzata da un ceto medio-alto”.