La rivoluzione del credito è partita, cambierà tutto.

 

L’analisi
La lettura dei numeri delle banche pone spesso l’enfasi su reddittività e capitalizzazione, ma anche altri dati devono essere messi in luce per dare evidenza (e anche merito) al processo di trasformazione che gli istituti italiani stanno mettendo in atto. Gli ultimi quattro anni sono significativi per i primi dieci istituti di credito per total asset: gli sportelli sono scesi da 26.630 a 20.830 (meno 21,78%) e i dipendenti da 361.715 a 311.110 (-13,99%). Mentre la riduzione degli sportelli è un dato comune a tutte le banche, la riduzione dei dipendenti non è uniforme (e non necessariamente un indicatore positivo, a differenza degli sportelli ) e presenta casi di sostanziale stabilità come Bper e Bnl. È chiaro che la rivoluzione è in atto, verso un modello di banca più «leggera» e meno «fisica».
Ma se questa drastica cura dimagrante è una necessità, il vero interrogativo è quale nuovo modello di banca sarà efficace. La risposta va cercata in un modello di relazione diverso, basato su relazione digitale e relazione di mercato, che diventano i nuovi codici del rapporto con la clientela retail e con la clientela corporate. La dimensione digitale, fatta di accessibilità diretta attraverso il web, di acquisto trasparente e immediato di strumenti anche complessi (le polizze, i mutui, il credito al consumo), di costi più contenuti e di servizi di pagamento che si articolano in forme diverse, è la modalità di interazione con la clientela in un mondo dei consumi che ormai si sta integrando nel mondo della Rete.

La dimensione di mercato è invece una sfida più complessa, che vede l’abbandono progressivo – ma determinato – della centralità del credito bancario rispetto ad altri strumenti: dal private equity alle obbligazioni e, soprattutto, alla quotazione in Borsa. Meno credito e più mercato per la banca vuole dire meno capitale assorbito e quindi meno pressione sui risultati d’esercizio. Ma per le imprese comporta la rimozione di un grande alibi: il ricorso esclusivo ai prestiti non impone progetti complessi e percorsi di cambiamento, ma soprattutto una buona conservazione dello status quo, per ripagare la banca.

Il ricorso alla finanza di mercato impone insomma di uscire dall’area comfort del rapporto creditizio e di presentare al mercato i propri progetti e le proprie strategie, ripagando l’investitore (di private equity piuttosto che di Borsa), con la crescita. La trasformazione delle banche diventa, quindi, strettamente legata a un cambiamento più ampio del sistema industriale.

*Prorettore Università Bocconi

 

Corriere L’Economia.

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