“La realtà non esiste” Il mantra che lo univa a Sgalambro

ROBINSON
Franco mistico, Manlio nichilista Il sodalizio tra canzoni e filosofia
di Piero Melati
L’incontro tra Battiato e Sgalambro ha un precedente. Nel 1973 il compositore catanese sbarcò a Palermo per un concerto. Aveva due album sperimentali alle spalle ed era già un artista di culto. Alla fine, scese dal palco del teatro Politeama, per guadagnarne l’uscita, anziché imboccare la via del camerino. I fan erano ansiosi di incontrarlo e lui aveva acconsentito. Portava una capigliatura afro e il viso dipinto a due colori, come usava agli inizi della carriera. Accanto a lui il cantautore milanese Claudio Rocchi, tra gli animatori della trasmissione radiofonica Per voi giovani di Renzo Arbore, e al quale lo accomunava la passione per l’India e la mistica orientale. I due, dopo quegli anni, si perderanno di vista. Fino a incontrarsi per una pura coincidenza a Katmandu, in Nepal, nel 1999. Battiato era lì per girare una puntata tv di Turisti per caso. Rocchi ci viveva, dirigendovi la radio “The Himalaya Broadcasting Company”. «Come sappiamo, il caso non esiste» disse Rocchi a Battiato, festeggiando quella inaspettata reunion.
Anche tanto tempo prima, in quell’incontro con i fan del capoluogo siciliano, i due avevano discettato della stessa cosa, suscitando un certo stupore. Non solo non esiste il caso, avevano concordato, ma neppure la realtà. Claudio Rocchi aveva dedicato al tema persino una canzone. Battiato la canterà con Alice, in omaggio all’amico nel frattempo scomparso nel 2013. La canzone ha per titolo La realtà non esiste. Ed è proprio questa una delle tesi forti del filosofo nichilista Manlio Sgalambro da Lentini. Forse fu anche questo a favorire il sodalizio.
Eppure quell’assegno dovette apparire realissimo, a Sgalambro, quando Battiato andò a consegnarglielo, nel 1994. La Regione Sicilia voleva celebrare l’anniversario secolare di Federico II di Svevia e gli aveva chiesto di scrivere le musiche di un’opera. E il musicista aveva pensato di rivolgersi, per la scrittura del libretto, proprio al filosofo. In precedenza si erano conosciuti in una libreria di Catania, in occasione della presentazione delle poesie di un amico comune, Angelo Scandurra. Ma allora Sgalambro non sapeva neppure chi fosse Battiato. Quando si erano rivisti per l’assegno, gli aveva relegato il suo libro Contro la musica, come il destinatario ricorderà nel 2008: «Nel donarmi quel libro gli venne un grande dubbio: magari la nostra collaborazione finirà prima di cominciare… invece quel testo mi divertì molto. Era un attacco di inaudita violenza, non alla musica classica o leggera, ma all’intera disciplina ». Così Sgalambro si armò di coraggio. Nell’ultima intervista del gennaio 2014 a FreeTime, rivelerà: «Gli feci anch’io la mia proposta: se accetti, in venti giorni ti scrivo un album completo».
Non si fermeranno più. Dal 1994, anno in cui nasce l’opera Il cavaliere dell’intelletto, dedicata a Federico II lo “Stupor Mundi”, e fino al 2012, realizzeranno insieme canzoni, opere teatrali, film, documentari, videoclip, compresa la pellicola Niente è come sembra del 2007, dove il concetto di «niente è reale, niente è come appare» ritorna prorompente. Il filosofo, intanto, ci aveva preso gusto: scriverà testi per Patti Pravo, Alice, Fiorella Mannoia, Carmen Consoli, Milva, Adriano Celentano, Ornella Vanoni, finché nel 2001 si esibirà in un album “solo”, Fun club. Si era già scoperto quasi crooner in Di passaggio, una delle prime canzoni scritte insieme, dove declamerà Eraclito in greco antico. Battiato, al contrario, getta la spugna: per lungo tempo non scriverà più versi, preferendo quelli dell’amico: «In questo suo mondo, completamente diverso dal mio, c’è un allargamento della tavolozza di colori. Eri abituato al tuo giardino, ma ora prendi i fiori da un altro».
Litigheranno spesso, per una rima da aggiungere o tagliare. Nonostante questo, si daranno sempre del “lei”. Massimo Cacciari, che pure si commosse in diretta tv alla morte di Sgalambro, ritiene oggi che il pessimismo cosmico del pensatore di Lentini abbia appesantito la leggerezza originaria del musicista. Sgalambro si nutriva di Schopenhauer, Nietzsche, Cioran, Spengler, Kraus, Rensi e Giulio Cesare Vanini, «l’empio teologo» seicentesco cui Hölderlin ha dedicato una poesia. Aveva sistematizzato il suo pensiero solo a 58 anni, quando pubblicò per Adelphi — era il 1982 — La morte del sole. «Roberto Calasso mi disse che quel libro era marcio, ed era esattamente così» dirà. Per la casa editrice ne pubblicherà altri undici.
Nel 2014 anche Battiato licenzia un libro, per Bompiani: Attraversando il Bardo: sguardi sull’aldilà, interviste — tra cui allo stesso Sgalambro — sul tema della morte. Presentandolo agli studenti di Paternò racconterà: «La seconda notte dalla scomparsa di Manlio ho sentito una voce robotica che diceva: chiamate Battiato, chiamate Battiato, è mio amico. Sembrava quasi uno scherzo della natura. Credo che lui si sia reincarnato in Medio Oriente. Però è rientrato di nuovo da questa parte». Parole sibilline su cicli delle vite e realtà illusorie: in fondo fu proprio il succitato Claudio Rocchi a fare per primo in Italia canzonette su argomenti tanto esoterici. In seguito Battiato le trasformerà in successi. E Sgalambro vi aggiunse infine un tocco eracliteo. Finì per credere anche lui alla via tibetana del Bardo?
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