La pittura quando è arte

 

Marcello Aitiani

Materia suono e luce della vetrata

Ξυνὸν γὰρ ἀρχὴ καὶ πέρας ἐπὶ κύκλου περιφερείας

Xynòn gàr archē kai péras epì kyklou periphereìas

Comune infatti nella periferia del cerchio il principio e la fine

(Eraclito)

È mia convinzione, anche come artista, che la pittura sia una forma musicale della luce. Come la musica è una forma luminosa per l’orecchio.

M. Aitiani, genera azzurro l’azzurro

Una luce che, soprattutto quando si avvicina al sacro, non può restare al livello empirico di una mera causalità e casualità meccanica, manifestando invece una dimensione metafisica; non astratta, tuttavia, ma concretissima: una metafisica e luce d’intelligenza incarnata.

«Tutto ciò che è manifesto è luce», scrive Paolo nella lettera agli Efesini (5, 13); cioè: ogni essere è luce. Le pitture, quando sono arte, rivelano le cose più quotidiane e umili in una simile luce; «perché invece di limitarsi alla riproduzione più o meno intensa del visibile, esse vi annettono anche il versante dell’invisibile» [Paul Klee]. Tanto più questo è (dovrebbe essere) vero nell’opera rivolta al sacro, vetrata o pittura di un sacro volto, che non si fermi alla dimensione d’illusoria riproduzione, come fosse un oggetto staccato dal flusso di energia creativa che tutto permea. Anche le scienze più acute ormai studiano ed esprimono nel loro tecnico linguaggio il suono d’onda di luce di radiazioni cosmiche…Uno sguardo visionario che non stimola solo cambiamenti all’interno di un modello culturale, ma il cambiamento del modello stesso del pensiero.

Il respiro esistenziale, che avverte i limiti di una visione esclusivamente fissata nella forma spaziale “classica”, si esprime nel sentimento temporalizzato dello spazio; che a sua volta si manifesta nel tocco di un colore di superficie, volutamente privo di consistenza plastica perché intriso di tempo.

Aitiani-Rosone-Iridescenze-Duomo-S-Gimignano

Lo troviamo nella luce cromatica che le tessere vetrarie ci permettono di percepire (e talvolta di tra-guardare verso e da un altrove); nella campitura del pigmento disteso sulla pagina di un corale miniato a inseguire, come o più dei pixel digitali, l’adimensionalità della luce; negli eventi figurali di pittori senesi, come Duccio le cui figure «dilatano lo spazio, creando una risonanza concentrica alla propria apparizione, quasi un’onda cromatica di cui è specchio il fulgore dell’oro» [Cesare Brandi]. Oppure ritorna, un simile sentimento, nella contemporaneità; nel colore anticlassico di Matisse, ad esempio, risolto – osservava lo storico dell’arte Sergio Bettini – in ritmo cromatico tutto di superficie, nel quale il guizzo dell’esistenza si manifesta nel gesto rapido, nel timing della sua irripetibile transitorietà; forse, in questo caso, meno avvertito dell’àpeiron-cerchio invisibile senza fine, che l’oltrepassa e lo cinge.

Aitiani-Doppia-risonanza

L’oltre in noi e noi nell’oltre; possiamo ascoltarlo nell’interiorità aperta agli altri e alla natura.

Lo avvertiamo talvolta nella non-lingua musicale, nel ritmo dell’opera artistica.

L’oltre, l’ignoto non si può dire; ma forse l’arte (autentica) qualche volta può farlo, come accadde al giovane Leopardi ascoltando trame di armonie nascoste e comparando le cose “di quaggiù”, intrise di tempo, con l’eterno. Scrive Franc Ducros che «è questa la condizione dell’universalità del poetico: l’esperienza di un “io” singolare che eccede se stesso in ciò che dice, e diventa, nel momento in cui la dice, una parola in espansione infinita attraverso tutte le sue intermittenze, vale a dire attraverso tutti i suoi vuoti, segni di quell’ignoto da cui gli avviene di emergere […]» [Franc Ducros, JE est un autre, in “Il gallo silvestre”, (rivista diretta da Antonio Prete) 16, Milano 2003]. Un vuoto, aggiungerei, non assimilabile a quello della fisica classica in cui nulla esiste ma, per tornare agli affascinanti racconti della scienza contemporanea, a quello della meccanica quantistica che si sta rivelando…pieno di rumori; come il fondo d’oro di un’icona o come le fluttuazioni della figura, quando non si è ancora definita (essendo sia immaginaria che reale), nella xilografia di Vladimir A. Favorskij per la copertina del libro di Pavel Florenslij Gli immaginari nella geometria.