La partita è ancora lunga

 

di Giovanni Bianconi

 

Ammesso e non concesso che tutto vada come improvvisamente lui ha deciso che debba andare prima di poter scrivere Le mie prigioni sul caso Gregoretti, Salvini dovrà aspettare ancora un bel po’.

Perché l’auspicata (almeno a parole) autorizzazione a procedere concessa dal Senato non varrebbe un arresto né una condanna, così come il voto in Giunta di ieri sera. Dopo il clamoroso e per certi versi grottesco capovolgimento di fronti dovuto al cambio di strategia del capo leghista e la scelta aventiniana della maggioranza di ritirarsi al momento del voto (in segno di protesta non tanto contro la propaganda dell’ex ministro, ma contro le asserite «forzature» dei presidenti del Senato e della Giunta), si apre la partita dell’Aula. Che dovrà riunirsi e deliberare entro il 17 febbraio, e con un mese di tempo comprensivo di elezioni regionali, sarebbe azzardato dare l’esito per scontato.

A prescindere dalle strumentalizzazioni del procedimento giudiziario avviato, e dalla zoppicante coerenza con ciò che è stato detto fin qui sul presunto sequestro di 131 migranti trattenuti sei giorni a bordo della nave militare Gregoretti (e di quel che gli stessi partiti fecero un anno fa, nel caso analogo della nave Diciotti), il Senato dovrebbe dibattere e decidere sul merito della richiesta avanzata dal Tribunale dei ministri di Catania. Che per legge non deve occuparsi di «stupratori, spacciatori e mafiosi», come reclama Salvini nei suoi comizi, ma è chiamato a verificare, per l’appunto, ipotetici reati ministeriali.

La questione non riguarda le scelte politiche dell’ex titolare del Viminale, bensì la loro compatibilità con il diritto e le norme, nonché un potenziale «interesse pubblico preminente» tale da prevalere sul reato contestato. Tutto qui. Secondo i tre giudici siciliani che compongono il collegio, infatti, «le scelte politiche o i mutevoli indirizzi impartiti a livello ministeriale non possono ridurre la portata degli obblighi degli Stati di garantire nel modo più sollecito il soccorso e lo sbarco dei migranti in un luogo sicuro».

Quanto alla «difesa dei confini» invocata dal leader leghista per negare ai profughi il permesso di sbarco, i giudici hanno ritenuto che «la linea politica promossa dal ministro dell’Interno non fosse, in concreto, incompatibile con il rispetto delle Convenzioni internazionali vigenti». Secondo il tribunale, «le persone soccorse ben potevano essere tempestivamente sbarcate e avviate all’ hotspot di prima accoglienza per l’attività di identificazione, salvo poi essere smistate negli hotspot di destinazione secondo gli accordi raggiunti a livello europeo».

Argomenti rimasti finora pressoché assenti dalla discussione pubblica, tutta avvitata intorno a qualche slogan e frase a effetto. Ma qualora il fascicolo dovesse ripartire da Palazzo Madama per Catania con l’autorizzazione a procedere, si aprirebbe un altro match, stavolta solo giudiziario, anch’esso dall’esito tutt’altro che scontato. L’iter prevede la restituzione degli atti al Tribunale dei ministri «perché continui il procedimento secondo le norme vigenti», che come ha chiarito una sentenza della Corte costituzionale nel 2002 significa tornare davanti «al pubblico ministero e agli ordinari organi giudicanti competenti».

La Procura di Catania dovrebbe quindi riproporre il capo d’imputazione formulato contro Salvini dal tribunale dei ministri e sottoporlo al giudice dell’udienza preliminare, che dovrà decidere sul rinvio a giudizio. Con una particolarità, che diventerebbe l’ennesimo paradosso di questa storia: la Procura etnea s’era già pronunciata per l’archiviazione del caso «Gregoretti» ritenendo (a differenza che nel caso «Diciotti») che non esistano gli estremi del sequestro di persona; insussistenza del reato sotto il profilo oggettivo, oltre che soggettivo. Che farà davanti al gup? E che cosa deciderà il gup, rinvio a giudizio o proscioglimento? Prima del processo e dell’eventuale condanna (in tre gradi di giudizio, come sempre), l’accusa a Salvini dovrà superare questo ostacolo, nella corsa ancora molto lunga verso Le mie prigioni .

 

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