“Il lock down è come il vaso di Pandora: quando finirà, ricominceranno le manovre politiche”. Dalle parti del Pd la raccontano (anche) così. Nel frattempo, la Lega occupa il Parlamento: “È ora che si torni a essere una democrazia compiuta”. E dunque: “Restiamo a oltranza in Parlamento, finché non ci saranno risposte per tutti i cittadini. Non rallenteremo né impediremo il regolare svolgimento dei lavori programmati. Rimarremo finché il governo non darà risposte chiare”. L’idea è quella di fare i turni per restare in Aula, anche dopo la fine delle sedute. Giorno e notte. Fino a quando il governo non si prenderà le sue responsabilità, smettendo di rimpallarsela con le Regioni (così la vedono dal Carroccio). E fino a che non arriveranno risposte più chiare da Conte sulla situazione sanitaria e non verrà ripristinata la democrazia parlamentare, rispetto a quello che viene definito uno “stato di polizia” . Un atto forte, dirompente, dopo settimane di minacce. Talmente estremo che arrivano critiche anche da Giorgia Meloni, che esprime “sorpresa”. Eppure la Lega sostiene di aver invitato (invano) i capigruppo di Fi e Fdi a partecipatre all’iniziativa.

Ma che il Carroccio e Fdi non procedano esattamente allineati, neanche nella prospettiva di un governo di unità nazionale, non è un mistero per nessuno. Come non lo è il fatto che Salvini e Matteo Renzi questa prospettiva l’abbiano presa in considerazione. E che adesso si trovino su posizioni simili. Quel che è certo è che la temperatura politica è salita esponenzialmente negli ultimi giorni. E che la Fase 2 metterà alla prova Giuseppe Conte più di quanto abbia fatto il primomomento di emergenza.

Ancora. Del fatto che i due principali partiti di maggioranza non viaggino più del tutto uniti si è avuta ieri una prova. Stefano Ceccanti, deputato del Pd, aveva presentato un emendamento al decreto Covid 19 per prevedere un parere del Parlamento preventivo ai Dpcm del governo. Iniziativa sulla quale aveva registrato la convergenza non solo del suo partito, ma anche di Leu e Italia Viva. Oltre all’interesse della Lega. Il voto era previsto per oggi pomeriggio. Ma ieri il governo, nella persona del ministro dei Rapporti con il Parlamento, Federico d’Incà, gli ha chiesto di ritirarlo. Racconta il deputato: “Mi ha segnalato che non condivide la proposta dell’emendamento perché irrigidirebbe troppo. Immagino che il Governo stia studiando soluzioni alternative. Se le troverà nessun problema a ritirarlo”. Il punto è che l’esecutivo una soluzione non l’ha ancora trovata: e così il voto slitta alla settimana prossima. Meglio non rischiare. Anche perché il capogruppo Pd a Montecitorio, Graziano Delrio, è da tempo critico sulla centralizzazione estrema delle decisioni da parte del governo. Posizione condivisa dal gruppo. In Senato, non va molto meglio: Andrea Marcucci, il capogruppo, più passano i giorni, più torna ad esprimere posizioni vicine al suo ex sodale Renzi.

La critica sui Dpcm è condivisa dal Nazareno. Dove ribadiscono che il sostegno a Conte non è in discussione. Ma anche che tutto sta a vedere come gestisce la ripresa.

Resta il fatto che un vero piano B, rispetto al governo attuale non c’è, nonostante i colloqui a tutto tondo con Forza Italia. Oggi Conte riferisce in Parlamento sulla Fase 2: nessun voto. In Senato interviene Renzi. C’è chi è convinto che sia pronto a ripartire da prima che il Covid arrivasse a stoppare ogni fuga in avanti: a febbraio era sostanzialmente pronto a sfiduciare il governo e a riposizionarsi. In un governo di unità nazionale. Oppure con un appoggio esterno a un esecutivo di centrodestra.