La grande fuga dei sindaci

Candidature

Gian Franco Cartei

La rinuncia di Giovanni Fontana Antonelli a correre da sindaco di Grosseto per il centrosinistra ha suscitato meno clamore del rifiuto di Guido Bertolaso ad essere il candidato del centrodestra a Roma o di Chiara Appendino a correre per la conferma a sindaco di Torino. La radice di queste vicende è però comune: è sempre più difficile trovare persone di riconosciuta autorevolezza disposte a ricoprire la carica di sindaco. E non solo all’interno dei partiti e delle loro sempre più gracili strutture organizzative, perché anche le candidature civiche di peso sono sempre meno frequenti.

Perché? In Toscana nel solo 2021 saranno ben 29 i comuni che andranno al voto. La crisi delle vocazioni si sente anche qui dove è sempre esistita una forte aspirazione alla gestione della cosa pubblica. Chi ha ricordo della lunga stagione iniziata negli anni ottanta e culminata nella riforma del 1993 sull’elezione diretta del sindaco e nelle riforme sull’ordinamento degli enti territoriali rammenterà una stagione straordinaria che segnò un balzo in avanti dell’amministra-zione locale e dei primi cittadini.

Ci sono città il cui nome resta intimamente legato a quello dei loro sindaci: si pensi alla Roma di Argan o alla Firenze di La Pira; oppure, restando nel circuito dei sindaci più organici alla politica di partito, alle esperienze di Tognoli a Milano o Novelli e Castellani a Torino.

Anche la nascita del partito dei sindaci, che in realtà partito non è mai stato, ha però rappresentato un’esperienza di rilancio della politica proprio partendo dal tessuto dei rapporti e problemi dell’amministrazione locale. Di quella esperienza oggi resta non molto tanto che la carica di sindaco sempre meno rappresenta il punto terminale di una carriera politica di prestigio e sempre più risulta appannaggio di candidature faticosamente contrattate quando non di autocandidature improvvisate. Perché questa crisi delle vocazioni? Una prima ragione fu spiegata anni addietro in un libro dall’allora sindaco di Forlì Roberto Balzani: il sindaco è fondamentalmente un uomo costretto a prendere decisioni in una solitudine non solo umana ma anche politica che non è sempre riconosciuta — e soprattutto ricompensata — dagli elettori. Ma a questa ragione se ne aggiungono altre -politiche e giudiziarie- che sono alla base di una proposta di legge di Anci dal titolo emblematico: «Liberiamo i sindaci».

Oggi il sindaco è infatti esposto molto più che in passato ad un sovraccarico di compiti amministrativi e di responsabilità giuridiche che poco hanno a che vedere con le ragioni e le finalità per cui fu eletto; compiti e responsabilità che accrescono il rischio perenne di indagini giudiziarie in grado di travolgere non solo la carriera ma anche la vita privata del diretto interessato. Per giunta l’amministrazione locale in tutti questi anni è stata oggetto di tagli lineari che ne hanno minato efficacia e credibilità. Con la conseguenza che quella del sindaco è la prima persona — e spesso l’unica — su cui si scaricano la rabbia e la frustrazione di cittadini spesso ignari delle difficoltà in cui si dibatte oggi l’amministrazione locale. E questo a tacere delle difficoltà finanziarie — in Italia ci sono più di 800 comuni a rischio dissesto dei quali 12 in Toscana — e di tutte le incertezze legate all’applicazione di normative — dal codice degli appalti alle varie leggi su trasparenza, privacy e sistema contabile — la cui complessità è addossata interamente sulle gracili spalle degli enti locali.

Se a tutto questo si aggiunge il fatto che, mentre in passato la carica di sindaco rappresentava una tappa di un cursus honorum destinato a proseguire con altri prestigiosi incarichi oggi, dissoltasi la rete di relazioni e di organizzazione su cui poggiava la vita dei partiti, al diretto interessato tocca spesso tornare in una condizione di anonimato. Anche in Toscana del resto non sono mancati i casi di sindaci di comuni importanti che, conclusa la loro esperienza politica, sono stati rapidamente invitati a sparire dalla scena pubblica.

La crescente difficoltà a trovare persone interessate a rivestire la carica di sindaco è un segnale d’allarme cui occorre guardare con preoccupazione. L’amministrazione locale è infatti il primo banco di prova della dimensione civica della nostra democrazia. Per questo la Costituzione la pone tra i suoi principi fondamentali e proprio per questo privarla dell’apporto di persone motivate e capaci significa condannarla all’insuccesso o alla irrilevanza. Con la conseguenza ulteriore che, soprattutto nei comuni meno importanti — che poi costituiscono la stragrande maggioranza dei comuni italiani — la macchina dell’amministrazione locale rischia di cadere nelle mani di persone prive di ogni selezione e soprattutto del possesso delle necessarie competenze e conoscenze .

 

 

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