La fuga dal lavoro delle neo-mamme In un anno si sono licenziate in 37mila

 

L’impossibilità di conciliare figli e impiego. Gli analisti: il post-Covid può aggravare le cose

filippo femia

torino

Non è un Paese per madri-lavoratrici, l’Italia. Se qualcuno aveva ancora qualche dubbio, a spazzarlo via ci pensano i dati diffusi dall’Ispettorato nazionale del lavoro: 37.611 neo-mamme hanno dato le dimissioni volontarie nel 2019. Un incremento di quasi il 5% rispetto all’anno precendente. I padri che hanno abbandonato l’impiego sono invece 13.947.
L’assenza di tutele
Il lavoro risulta troppo spesso incompatibile con la necessità di dover accudire i figli più piccoli. Il problema, come emerge dai dati diffusi, ricade principalmente sulle donne (sette casi su dieci). L’interruzione coincide nel 66% delle volte con l’arrivo del primo figlio. In 21 mila casi le dimissioni vengono accompagnate dalla motivazione «difficoltà di conciliare l’occupazione lavorativa con le esigenze di cura della prole». Si tratta di situazioni in cui non ci sono nonni o altri parenti in grado di aiutare le neo-mamme a crescere i bambini o il costo dell’asilo e della baby-sitter risulta troppo elevato. In altri casi ancora la causa è il mancato accoglimento del figlio al nido.
La situazione è ancora più preoccupante se incrociata con altri dati, in particolare quello sulle richieste di part-time accolte: soltanto il 21%. Segno, anche questo, di una sensibilità ancora insufficiente da parte dei datori di lavoro verso le esigenze dei neo-genitori, troppo spesso in equilibrio precario tra lavoro e famiglia.
I nuovi timori
A preoccupare l’Ispettorato è adesso lo scenario post-coronavirus, «le cui incertezze e difficoltà potrebbero amplificare ulteriormente le aree oscure di elusione e irregolarità a danno dei lavoratori, e in particolare delle categorie più fragili e vulnerabili», spiega Leonardo Alestra, direttore dell’Ispettorato nazionale del lavoro. Anche la presidente della commissione parlamentare per l’infanzia, Licia Ronzulli, lancia l’allarme: il timore è che gli effetti della pandemia non possano che peggiorare il fenomeno.
Politica sotto accusa
Commentando i dati, la Cgil ha evidenziato «un’ennesima allarmante conferma della difficoltà di essere madri e lavoratrici», e ha chiesto che l’occupazione femminile sia «al centro dell’agenda per la ripartenza del Paese». Il ministro del Lavoro Nunzia Catalfo è corsa ai ripari, annunciando «l’intenzione di avviare una seria azione di contrasto al part-time involontario e introdurre, nel più breve tempo possibile, una legge sulla parità di genere nelle retribuzioni».

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