La Commissione d’inchiesta sulle banche non potrà permettersi di trascurare Antonveneta.

 

COMMENTI & ANALISI
Oggi la Commissione bicamerale di inchiesta sulle banche voterà il regolamento della sua attività. Si vedrà se e quali emendamenti al testo presentato martedì scorso saranno accolti. In generale, si dovrebbe osservare che il funzionamento della Commissione, che ha poteri e limiti dell’Autorità Giudiziaria, dovrebbe cercare di mimare, per quanto è possibile e tenuto conto dell’enorme differenza del numero dei giudicanti, quello di un Tribunale composto da 3 magistrati chiamato a decidere su una causa. Naturalmente non potrà essere trascurata la sua natura pur sempre di organo parlamentare. Ma una volta superato lo scoglio del regolamento, nella speranza che si eviti una conclusione dei lavori, quando arriverà, con una relazione di maggioranza e una di minoranza, la parte più impegnativa sarà il programma dell’inchiesta, l’individuazione dell’arco temporale dell’attività di indagine, il rapporto che si istituirà tra le analisi che autonomamente la Commissione potrà compiere e quelle per le quali potrà avere bisogno di documenti, le verifiche in loco, i rapporti con altre istituzioni dello Stato, a partire dalla magistratura, nonché le testimonianze o le audizioni dei soggetti direttamente o indirettamente coinvolti. Un’inchiesta sulla crisi e sulle conseguenze per il sistema bancario e finanziario deve necessariamente muovere dal contesto internazionale per arrivare a quello nazionale valutando preliminarmente come la recessione e le gravi difficoltà dell’economia reale si sono ripercosse sulle banche. Ma, svolta questa indagine, si dovrà decidere se procedere per periodi specifici che abbraccino tutte le vicende bancarie dell’arco temporale di volta in volta esaminato, o per singoli istituti caduti in dissesto o hanno ne hanno corso il rischio. In tale quadro, qualunque sarà la scelta della Commissione tra le diverse alternative, la vicenda del Montepaschi, e della nefasta acquisizione di Antonveneta, non potrà di certo essere trascurata. Partire, come una delle opzioni suggerite vorrebbe, dal 207/2008, o comunque includere in una collocazione di particolare rilievo questa vicenda nel piano dell’inchiesta, è più che doveroso. Per la componente nazionale della crisi e limitatamente ai profili finanziari, la vicenda può considerarsi la madre delle gravi difficoltà che poi sono seguite e hanno coinvolto singoli istituti. Del Monte e di coloro che all’epoca dell’acquisizione in questione erano ai vertici si occupano diverse inchieste giudiziarie. Si tratta di non sovrapporre a esse l’opera della Commissione: non dovrebbe risultare difficile perché l’inchiesta parlamentare dovrebbe concentrarsi specificamente sull’acquisto di Antonveneta con l’enorme plusvalenza, mai vista prima di allora, conseguita dal venditore, il Banco di Santander. Ciò richiederà importanti testimonianze e audizioni? Sono le regole della democrazia, bellezza, si potrebbe rispondere. Non esistono immunità al riguardo, né può evocarsi l’appartenenza di questo o quell’esponente a organismi internazionali o europei per sottrarlo all’eventuale richiesta di testimonianza dal momento che qui si tratta di comportamenti tenuti in Italia relativamente a una vicenda italiana. È però importante che in questo caso come in tutti gli altri che saranno valutati si affronti prima la conoscenza degli eventi e dopo si promuovano le testimonianze delle istituzioni competenti, avendo comunque presente che, per quel che riguarda la Vigilanza bancaria, il vertice dell’epoca è totalmente diverso dall’attuale. Sarà comunque necessaria una intensa programmazione della Commissione perché i lavori siano svolti non solo nei ritagli di tempo tra una seduta dell’Aula e l’altra, ma sfruttino tutti i giorni feriali della settimana, considerato il numero limitato di mesi che mancano alla fine naturale della legislatura, quanto meno per arrivare alla redazione di un organico documento conclusivo che abbia una sua compiutezza e sia utile anche alla prosecuzione, se lo si riterrà, nella prossima legislatura, ovviamente approvando una nuova legge istitutiva e una nuova Commissione. Ma i margini di tempo per un lavoro efficace non sono ampi. Le tentazioni per i commissari sono numerose, a cominciare dalla voglia di fare propaganda elettorale con la promozione di iniziative nell’inchiesta, e da quella di interferire nelle nomine pubbliche. Se si cedesse a queste tentazioni, a metà tra demagogia e populismo, sarebbe la fine della Commissione. Invece, pur dopo tutte le storture, ritardi e tatticismi che ne hanno segnato la costituzione e il decollo, si deve ancora sperare in un risultato positivo dei lavori.
MF
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