Banche e dittatura bufera su Savona Renzi: ora si dimetta

l presidente Consob: “Le mie idee sono liberali, leggete i miei lavori” I sindacati: “Serve una classe manageriale autorevole e di alto profilo”

carlotta scozzari

Fanno sempre più rumore le parole del presidente di Consob, Paolo Savona, secondo cui «viviamo in una dittatura». Ed è anzitutto politico il polverone che si solleva intorno al numero uno della Commissione di Borsa, nominato nel marzo del 2019 dal primo governo Conte dopo che il suo nome era già stato respinto dal presidente Mattarella per il ministero dell’Economia e gli erano perciò stati affidati gli Affari europei. «Ma che succede a questo Paese?» si domanda su Twitter Luigi Marattin, deputato di Iv e presidente della commissione Finanze della Camera, che fa notare: «Prima un magistrato in servizio (il “no Green pass” Angelo Giorgianni, ndr), poi il presidente di Consob. Tutti affermano che siamo in dittatura. Savona, il cui compito è difendere il mercato, lo dice per difendere il gruppo dirigente di una banca quotata che (dopo 6 anni di ricorsi falliti in Italia e in Europa) non si rassegna né al mercato né alla legge. Una legge voluta nel 2015 dal governo Renzi per aprire il sistema bancario alla concorrenza». Ed è lo stesso Renzi ad alzare il tiro: «Il presidente di un’autorità indipendente in una Repubblica italiana, che non è la Repubblica delle banane, non dice quelle cose lì. Dire quello che Savona ha detto porta immediatamente a chiedere, e io lo faccio nelle mie vesti da parlamentare, le dimissioni di Savona dalla Consob: dovrebbe andare a casa stasera. E’ folle ed è una ferita alle istituzioni italiane» dice nel podcast Metropolis su Repubblica.it.
Il concetto sulla dittatura è stato espresso da Savona in una lettera privata pubblicata per errore, e poco dopo cancellata, sul sito del Comitato per l’autonomia e l’indipendenza della Popolare di Sondrio, che gli aveva domandato un parere sul lavoro svolto per attenuare gli effetti del processo di trasformazione della banca da cooperativa in società per azioni. E se Savona, dopo avere applaudito all’iniziativa del comitato, sembra accostare la Bce agli «organi collettivi della democrazia con conseguenze sui sistemi di libertà», non pare apprezzare nemmeno il voto maggiorato osteggiato dalla stessa Bce, considerato un meccanismo che mette in crisi la democrazia, facendo emergere «i sintomi latenti della dittatura, come quella nella quale viviamo ai giorni nostri». «Credo che occorra una seria valutazione sull’opportunità di mantenere in carica il professor Savona» conclude Marattin. Mentre un altro deputato di Iv, Massimo Ungaro, ieri alla Camera ha domandato che «il governo intervenga sulle dichiarazioni del presidente di Consob sulla dittatura».
Nel pomeriggio, lo stesso Savona ha tentato di gettare acqua sul fuoco, spiegando in una nota che «il contenuto della lettera privata a Marco Vitale rientra in uno scambio di idee che da lungo tempo intrattengo con l’illustre studioso», dialettica che ruota intorno al «dilemma tra libertà e dittatura. Come ho scritto a Vitale – aggiunge Savona, 85 anni appena compiuti – attribuisco questa deriva culturale verso forme coercitive all’indebolimento e talvolta alla scomparsa delle strutture sociali intermedie, compresi partiti, sindacati e associazioni, fondamento della democrazia. Si tratta di idee liberali che sorprendono solo chi libero non è».
E a proposito di sindacati, proprio ieri, in un durissimo comunicato, la First Cisl, anche prendendo come esempio Bankitalia (rispetto alla quale Savona ha di recente ottenuto l’equiparazione degli stipendi), ha sottolineato l’urgenza «di costruire in Consob una classe manageriale autorevole e di alto profilo, selezionata mediante procedure competitive trasparenti, non discriminatorie, adeguatamente pubblicizzate e ancorate a criteri meritocratici». Oltre al fronte politico esterno, Savona deve gestire anche quello sindacale interno.
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