Il Monte dei Paschi ha sofferto per la crisi e per le frodi degli ex manager. Banca d’Italia usa la clava contro i responsabili della crisi della banca più antica del mondo, tirando in ballo anche le responsabilità della Fondazione Mps. Il capo della Vigilanza Carmelo Barbagallo parla in Commissione Banche e non usa mezze parole per spiegare cosa è accaduto a Siena.
Le responsabilità, secondo Bankitalia. “Gli effetti della congiuntura e in generale del contesto esterno sul bilancio della banca, di per sé già profondi, sono stati amplificati dai comportamenti gravi e fraudolenti posti in essere sin dal 2008 dai precedenti esponenti di vertice, che hanno indebolito gravemente la banca e ne hanno messo in discussione la reputazione” afferma l’alto dirigente della Banca d’Italia. “Tali comportamenti – emersi progressivamente grazie alle attività di verifica della Banca d’Italia e alle indagini dell’Autorità Giudiziaria – sono oggi al vaglio del giudice penale”. Barbagallo ha sottolineato che la storia di Mps è quella di una banca “particolarmente esposta su molteplici fronti: quello dei rischi finanziari (sovrano, di liquidità e di tasso) e quello dei rischi di credito”. I rischi finanziari “hanno messo in grave difficoltà Mps; alla lunga, è stato però il rischio di credito che ne ha minato più in profondità l’equilibrio economico-patrimoniale”. Nella crisi del Monte dei Paschi inoltre un “ruolo significativo” lo ha avuto la Fondazione “che ha inteso mantenere a lungo, anche quando non ce ne erano più le condizioni, una posizione di dominio comunque di rilievo, erodendo il proprio patrimonio e indebitandosi” ha detto Bankitalia.
Antonveneta. La due diligence su Antonveneta prima dell’acquisizione da parte di Mps “non era richiesta dalla normativa di vigilanza né allora né ora”. Inoltre “come per ogni altra autorizzazione della specie, la definizione del corrispettivo per l’acquisizione rientrava nell’esclusiva responsabilità delle parti e non era soggetta all’approvazione della Vigilanza”. Il capo della vigilanza di Bankitalia sottolinea che “secondo quanto comunicato dalla banca – ha aggiunto – il prezzo era stato stimato applicando un metodo di largo uso (il dividend discount model) verificato attraverso un confronto con i multipli di mercato”. Barbagallo inoltre rileva come i vertici del Monte si recarono dal 19 novembre 2007 presso Antonveneta per “verificare la situazione tecnica e organizzativa” e “se avessero trovato problemi rivelanti avrebbero potuto tornare indietro”.
Gli Npl. La banca alla fine dello scorso anno aveva crediti deteriorati “ripartiti tra quasi 190.000 debitori, frazionati e distribuiti lungo tutto il territorio nazionale; per l’84 per cento essi riguardano imprese, in larga parte medio-piccole; i prenditori che hanno ricevuto prestiti singolarmente superiori a 25 milioni sono 107 e rappresentano, per ammontare, il 12,7 per cento del credito deteriorato totale”. I dati disponibili “non mostrano un contributo decisivo di Banca Antonveneta agli npl di Mps” aggiunge Barbagallo precisando che questo non equivale a dire che l’operazione Antonveneta non abbia dato un contributo importante alla crisi della banca senese. I crediti deteriorati di Mps hanno generato perdite nell’ultimo decennio per circa 26 miliardi, compensate solo parzialmente dalle altre componenti di ricavo nette (circa 12 miliardi), “pesantemente influenzate dalla crisi di fiducia che ha colpito l’intermediario, incidendo su costo e quantità della provvista”. Il capo della Vigilanza ha aggiunto che “ciò ha contribuito a determinare, nel decennio considerato, un valore negativo del risultato di esercizio netto cumulato pari a circa 14 miliardi, fatto che ha sostanzialmente frustrato i diversi tentativi di ricapitalizzazione”.
Oggi Mps. Con la ricapitalizzazione precauzionale del Monte dei Paschi di Siena operata dal ministero dell’Economia “risultano ora realizzati i presupposti per una decisiva “pulizia” di bilancio, attraverso la cessione del portafoglio di sofferenze” ha detto il capo della vigilanza di Bankitalia.
Il caso Alexandria. Altra responsabilità del vertice è legata ad Alexandria. Gli ispettori di Bankitalia, senza il ‘mandate agreement’ su Alexandria occultato dagli ex vertici del Monte dei Paschi, non potevano risalire, nell’ispezione del 2012, alla finalità dell’operazione realizzata con Nomura, il ‘business purpose’ dell’operazione. Barbagallo in audizione davanti alla Commissione Banche risponde così alla critica che spesso si muove alla Vigilanza nei confronti di Siena, cioè di non aver capito che ci fosse un collegamento tra la ristrutturazione di Alexandria e l’acquisto di 3 miliardi di Btp 2034 con controparte la stessa Nomura. “Sulla base delle informazioni rese disponibili agli ispettori non risulta provata sul piano contrattuale la relazione tra la ristrutturazione del titolo Alexandria e l’operazione in Repo effettuata con la stessa Nomura né è altrimenti possibile risalire all’effettivo ‘business purpose’ dell’operazione”.
In realtà, prosegue Barbagallo, gli ispettori di Via Nazionale, nella primavera del 2012 videro un possibile collegamento tra le due operazioni. Barbagallo riporta lo stralcio del rapporto: “Analizzando congiuntamente le due operazioni se ne possono apprezzare in parallelo gli effetti economici tra il fair value della prima, calcolata in benchmarking con il Cds Italia a 5 anni, e le riprese di valutazione della seconda, risultanti dai dati gestionali interni alla banca”. La relazione ispettiva del 2012 evidenzia, inoltre, che “lo schema dei flussi di cassa della complessiva struttura replica quello di una posizione short in un Cds sintetico”. Pochi mesi dopo, nell’ottobre del 2012, verrà scoperto il mandate agreement nella cassaforte dell’ex direttore generale a Rocca Salimbeni che lega le due operazioni. “Il suo occultamento – chiarisce Barbagallo – aveva consentito alla banca di non far emergere la fondamentale circostanza che la struttura complessiva dell’operazione dovesse avere fin dall’inizio un “fair value” negativo, a prescindere dalle scelte sulle modalità di contabilizzazione (a saldi aperti, cioè rilevando separatamente le diverse componenti, o chiusi, cioè aggregandole e rilevando un derivato di credito) e aveva impedito alla vigilanza di comprovare le reali finalità delle diverse componenti dell’operazione”.
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